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Cultura civica e interesse collettivo nelle attività del Circolo Unipol di Bologna

di Maria C. Fogliaro

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Non solo svago, ma anche crescita personale e relazionale: questo potrebbe essere il motto del Circolo aziendale Unipol di Bologna.

Nato quasi contemporaneamente alla fondazione del gruppo assicurativo bolognese negli anni Sessanta, oggi il Circolo promuove principalmente attività ricreative, sportive, turistiche e culturali. Esso, innanzitutto, offre servizi: cerca proposte per viaggi di gruppo; organizza visite a mostre e ai luoghi più interessanti di Bologna e provincia; fornisce abbonamenti per i principali teatri felsinei; gestisce una videoteca, che conta fra i cinquemila e i seimila titoli, e una ricca biblioteca specializzata in viaggi. Inoltre, come tutti i circoli aziendali, dà impulso a numerose attività sportive: è impegnato nell’organizzazione di partite di pallavolo e di calcetto a livello amatoriale; e ha anche una sua squadra di tennis, che partecipa al «Torneo nazionale intercooperativo di tennis» che si tiene ogni anno a Milano Marittima.

In quanto circolo ricreativo, quello dell’Unipol di Bologna − che ha sede in via Stalingrado 45 − ha il centro delle proprie attività nell’organizzazione del tempo libero dei lavoratori, ma la sua missione ultima − spiega Daniele Bottazzi (presidente del Circolo) − non è soltanto quella di generare momenti, sia pure importanti, di ricreazione e divertimento per i dipendenti e i pensionati dell’azienda. In consonanza con lo spirito che ne ha animato la fondazione − e cioè l’aspirazione ad aggregare e unire persone, motivandole a coltivare, approfondire e trasmettere le proprie passioni −, alla base dell’esistenza del Circolo vi sono almeno altre due dimensioni fondamentali: la spinta all’interazione e alla socializzazione − che implica la capacità di costruire, gestire e mobilitare risorse relazionali −, da una parte, e «la valorizzazione delle attitudini delle persone che stanno dentro», dall’altra. Da questi presupposti sono nate le diverse attività che il Circolo ha promosso e sostenuto nel corso degli anni − come le lezioni di fotografia digitale e quelle di yoga, o gli incontri sulla storia di Bologna −, che hanno visto persone appassionate, dipendenti del Gruppo, mettere a disposizione dei colleghi competenze, capacità e tempo libero.

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Questa propensione alla valorizzazione dei legami, che influisce positivamente anche sulle prestazioni lavorative e che è fondamentale per mantenere vivo lo spirito originario della cooperazione, incentrato sulla solidarietà e sulla fioritura della personalità degli iscritti, ha portato il Circolo ad aderire − su ispirazione di Federica Moscogiuri − alle attività a favore della legalità promosse da «Libera − Associazioni, nomi e numeri contro le mafie» e, in particolare, dal segmento associativo denominato «Libera Terra», dedito al recupero e al riutilizzo delle terre sottratte alla criminalità organizzata. Dopo aver allestito diversi mercatini e dato vita a gruppi di acquisto solidale dei prodotti a marchio «Libera Terra», il Circolo − in collaborazione con il Gruppo Unipol, che dal 2005 porta avanti la campagna Un euro per ogni nuova polizza e conto corrente a sostegno della nascita e dello sviluppo di cooperative sociali impegnate nella riconversione della filiera agroalimentare − ha iniziato, da diversi anni, a partecipare ai campi di volontariato e di formazione che «Libera» − nell’ambito del progetto «E!State Liberi» − organizza ogni anno a Isola Capo Rizzuto (in provincia di Crotone) sui terreni confiscati alla mafia e gestiti da una cooperativa. «Passare dall’acquisto di prodotti dall’alto valore etico − ha detto Bottazzi − al voler vedere dove e come quei beni nascono il salto è stato quasi logico».

Secondo l’articolo 3 della Costituzione, tra le finalità ultime della nostra vita associata vi è «il pieno sviluppo della persona umana». Obiettivo che può essere raggiunto con la difesa dei diritti sul posto di lavoro, garantendo la sicurezza nelle città, con lo Stato sociale, ma anche con il potenziamento delle capacità relazionali delle persone, che consenta all’individuo di uscire da se stesso e aprirsi alla condivisione con «l’altro». Lo sforzo messo in atto dal Circolo Unipol di Bologna − che porta alcuni lavoratori a scegliere volontariamente di impiegare parte delle proprie ferie per entrare in una realtà sconosciuta, lavorare nei campi e studiare un fenomeno complesso come quello mafioso, che chiama in causa variabili di tipo culturale, economico e sociale − è l’espressione, efficacemente riuscita, della funzione sociale e in senso lato quasi politica che il Circolo ha nell’allargare gli orizzonti delle persone. L’adesione al progetto di «Libera» rappresenta, infatti, un’esperienza partecipativa unica. Un’occasione di proficua sinergia tra una realtà bolognese per certi versi di eccellenza e un contesto economicamente e socialmente più povero, che può apparire statico e riottoso a qualsiasi cambiamento, e nel quale libertà e legalità, autonomia ed emancipazione sono conquiste sempre a rischio, che vanno continuamente rafforzate.

Si tratta quindi di iniziative importanti, potenzialmente in grado di riattivare − a fronte di uno svuotamento che è prima di tutto culturale e politico − un nuovo civismo e alimentare aspettative positive per il futuro. Poiché se da un lato sono utili per portare un sostegno concreto alle cooperative meridionali, impegnate nella difficile costruzione di un’economia locale virtuosa, dall’altro, in un momento storico caratterizzato dalla frammentazione e dalla rottura delle antiche forme di mutuo soccorso, possono aiutare a istituire relazioni sociali non più fondate sull’egoismo e sull’opportunismo, ma sulla condivisione e la solidarietà.

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