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I centri commerciali innaturali

img_0976-1.jpgLa città di Siena cara a noi senesi e di indiscussa fama a livello mondiale sta perdendo la sua unicità non tanto nei giorni del Palio, quando ancora torna a brillare per la sua originalità, il calore e la schiettezza umana nella rappresentazione di una consolidata tradizione, quanto nella struttura economico- sociale del suo centro città.

I meritevoli sforzi che si sono fatti per proteggere il Palio dalla mercificazione non sono del pari avvenuti per la salvaguardia del tessuto urbano dove le attività storiche del “centro commerciale naturale”, fatte di botteghe e trattorie dal sapore tipico senese, sono state sostituite da attività del tutto “innaturali”. Un proliferare di anonimi marchi della grande catena di distribuzione, che ripetono ovunque un noioso modello impersonale di città e non svolgono una reale funzione di servizio dei molteplici bisogni dei cittadini, che non sono solo di pizza, intimo e bavaglini. Dopo la fuga demografica verso le periferie stiamo assistendo ad un progressivo e inarrestabile processo di separazione del corpo materiale della città dalla sua anima vitale, culturale ed umana, e questo tra l’altro rende critico il valore originale della tradizione paliesca.

Sicuramente questi fenomeni riguardano molte città, in specie quelle a vocazione turistica, soggette alle ferree logiche dell’economia di mercato, dove prevalgono i grandi numeri e tutto si riduce alla ricerca del puro vantaggio economico.

Senza entrare nel merito di tale modello di sviluppo occorre chiedersi:

Se un “centro commerciale naturale”popolato di negozi monomarca rivolti ad un consumo di massa rappresenti un’alternativa sensata ai veri centri commerciali “auto-serviti” che circondano la città e non diventi una realtà surrogata e marginale penalizzata sul piano logistico e della mobilità urbana.

Se esistano ancora margini di intervento per arginare questa pericolosa involuzione strutturale che va a ripercuotersi sulla bellezza e sul tessuto sociale del centro storico.

 img_0977.jpgSe tale modello sia realmente condiviso dai chi abita o da chi visita una città dal valore storico ed artistico come Siena

I fattori che hanno inciso sul degrado della struttura economica della città sono di tipo economico e politico:

Sul piano economico oltre alla profonda crisi congiunturale incidono alcune peculiarità strutturali, in primis gli affitti dei fondi commerciali i cui vertiginosi e ingiustificati livelli di prezzo determinano uno spiazzamento delle attività private locali in favore della grande distribuzione, quest’ultima causa stessa di un effetto bolla sui prezzi immobiliari. Effetti indotti sono la scomparsa di molte attività storiche e la frustrazione di nuove iniziative imprenditoriali locali con una indubbia penalizzazione della bellezza e dell’occupazione.

Sul piano politico sembra non esistere la consapevolezza che tale degrado rischia di portare alla desertificazione del tessuto economico- sociale del centro storico. Si parla tanto di inclusione delle periferie, ipotizzando la creazione di nuovi centri commerciali, e non ci si rende conto che la città è divenuta una periferia. Se sembrano improponibili iniziative volte a calmierare i prezzi degli affitti, gli amministratori pubblici senesi dovrebbero costituire, come è successo per il Palio, un organismo di tutela del centro storico che si impegni nella salvaguardia del tessuto produttivo/commerciale proteggendo le poche attività storiche rimaste ed elaborando delle linee guida cui attenersi per l’insediamento di nuove attività e per la valorizzazione di quelle esistenti . Chi governa la città ha una responsabilità circa il futuro della stessa e non può continuare a giustificare il “non intervento” rifacendosi ai comodi principi della mano invisibile del mercato proteggendo di fatto i “rentiers” della proprietà immobiliare e lasciando libero gioco ad avventure commerciali.

Il risultato di tale politica del “laisser faire” purtroppo è sotto gli occhi di tutti.

 Luciano Fiordoni

Siena 10 aprile 2016

One Response to I centri commerciali innaturali

  1. silvano Borselli Rispondi

    22 aprile 2016 a 13:48

    Sono 46 anni che abito a Siena e sono fiorentino. A Siena non è mai stato investito in termini culturale ed economici perchè il MPS si occupava e preoccupava in tutto e per tutto dei bisogni della città: il controllo e la supervisione aveva un costo che il “babbo Monte” si accollava volentieri.Poi, il crollo della Banca .ha determinato la chiusura della fonte che erogava soldi. Risultato? una città e una cittadinanza incapaci di reagire alla perdita del grande foraggiatore. Manca l’apertura mentale del popolo senese: Siena non aveva bisogno di niente e di nessuno (così mi dicevano nel 1970 quando arrivai pischello da Firenze) e ora ha bisogno di tutto e di tutti: una verità difficile da accettare dai senesi ma soprattutto apocalittica per la mentalità contradaiola, fortemente corporativa e autoreferenziale. Siena non ha uno spessore culturale strutturato e organizzato ( a differenza di Firenze) e presta il fianco ad un turismo mordi e fuggi che non è il massimo in termini economico sociali. A Siena bisogna cambiare perchè Siena è cambiata.

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