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Diritto del vincitore all’inquadramento previsto dal bando

Con ricorso al Giudice del lavoro di Agrigento Sola Valeria, premesso di essere vincitrice del concorso bandito dall’Assessorato ai Beni culturali della Regione Sicilia a trentanove posti di Dirigente tecnico storico dell’Arte, chiedeva di essere inquadrata nella terza fascia dirigenziale prevista dalla legge regionale 15.05.00 n. 10 invece che nella qualifica funzionario cat. D riconosciutagli dall’Amministrazione.

2- Rigettata la domanda e proposto appello dalla pubblica dipendente, costituitasi l’Amministrazione, la Corte d’appello di Palermo con sentenza del 26.11.08 rigettava l’impugnazione.

3.- La Corte rilevava che il concorso era stato bandito prima dell’entrata in vigore della legge n. 10 del 2000, di riforma dello stato giuridico del personale dell’Amministrazione regionale, e si era concluso in momento successivo. Avendo l’attuazione della legge comportato il cambiamento della classificazione del personale, pur essendo stata la selezione concorsuale effettuata con riferimento ai soppressi ruoli tecnici dei beni culturali, l’inquadramento dei vincitori era avvenuto in categorie professionali di nuova istituzione, determinate secondo una tabella di corrispondenza con le abrogate qualifiche all’esito di una trattativa sindacale.

Tale inquadramento non poteva avvenire nel ruolo unico della dirigenza istituito dalla legge n. 10, neppure nella terza fascia, prevista a titolo provvisorio in sede di prima applicazione, in aggiunta alle due fasce in cui, secondo il livello di professionalità e responsabilità, erano divisi i dirigenti regionali. In particolare, non trovava applicazione né la norma transitoria dell’art. 6, per la quale nella terza fascia era inquadrato solo il personale (già) in servizio alla entrata in vigore della legge ed avente qualifica di dirigente amministrativo e tecnico o equiparato (ovvero di VIII fascia funzionale), né l’art. 5, c. 3, che faceva sì salvi “i concorsi già banditi”, ma al diverso fine di consentire l’ingresso di nuovo personale, in deroga al divieto di assunzione dalla stessa norma fissato fino al 31.12.03.

La Corte d’appello escludeva che esistesse affinità sostanziale o coincidenza di mansioni tra la vecchia dirigenza tecnica e la nuova dirigenza regionale, dato che mentre la prima aveva compito correlati a specifiche funzioni di direzione, impulso, istruzione e ispezione (l.r. 23.03.71 n. 7, art. 13), la seconda è invece dotata di più ampi ed autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e di controllo, con correlativa responsabilità per la gestione e per i risultati conseguiti. Le attività proprie dei dirigenti tecnici, aventi contenuto professionale di carattere prettamente tecnico, precedentemente inquadrate nell’ottava fascia funzionale (tra cui quelle di dirigente tecnico storico dell’arte) erano invece correttamente inserite nella categoria apicale del personale non dirigenziale (cat. D), al pari di altre figure professionali ingegneri, geologi, avvocati, ecc.).

4.- Avverso questa sentenza Sola proponeva ricorso per cassazione, cui l’Amministrazione rispondeva con controricorso.

5. – Il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite a seguito di ordinanza interlocutoria del 27.01.12 della Sezione Lavoro. Entrambe le parti hanno prodotto memorie.

Motivi della decisione

6.- Preliminarmente l’intestazione del controricorso al Ministero per i Beni e le Attività culturali deve considerarsi frutto di un mero errore materiale, atteso che le difese ivi contenute sono tutte riferibili all’Assessorato dei Beni culturali e dell’identità siciliana (già Assessorato dei Beni culturali ed ambientali e pubblica istruzione della Regione siciliana) e sono pertinenti alla controversia in atto. E’, pertanto, infondata l’eccezione di inammissibilità al riguardo formulata dalla ricorrente.

7.- Parte ricorrente propone i seguenti mezzi di impugnazione.

7.1. – Primo motivo: violazione degli artt. 1218, 1321, 1326, 1336, 1418 c.c. e del d.lgs. 30.03.01 n. 165, nonché error in procedendo. Il bando di concorso, ove contenga gli elementi del contratto di lavoro alla cui conclusione è mirato, costituisce un’offerta al pubblico a norma dell’art. 1336 c.c. Nella specie, l’offerta si era perfezionata nei confronti dell’attrice in quanto: a) contenente gli estremi del contratto finale (qualifica di inquadramento, livello professionale e trattamento economico); b) accettata dalla candidata al momento della presentazione della domanda e dell’accettazione della graduatoria di merito. Essendo la candidata utilmente inserita in graduatoria, l’Amministrazione avrebbe dovuto instaurare il rapporto di impiego secondo le caratteristiche previste nel bando. L’Assessorato ha, invece, unilateralmente modificato l’offerta

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in un momento successivo, procedendo illegittimamente all’inquadramento dell’attrice in posizione diversa e deteriore da quella oggetto del bando.

7.2.- Secondo motivo: violazione degli artt. 1326, 1337, 1362 e 1366 c.c., in quanto l’assunzione in spregio alla lex specialis del concorso costituisce violazione dei canoni di buona fede, correttezza e parità di trattamento, atteso il diritto della vincitrice del concorso alla stipulazione del contratto ed all’immissione in servizio nei termini ed alle condizioni fissate dal bando, senza che la P.A. possa modificare la proposta contrattuale in asserita applicazione di norme sopravvenute.

7.3.- Terzo motivo: violazione degli artt. 13 della legge regionale 23.12.71 n. 7 e dell’art. 118 della legge regionale 7.11.80 n. 116, della legge regionale 15.05.00 n. 10 e dei decreti del Presidente della Regione Sicilia 22.06.01 nn. 9 e 10, omessa valutazione di un fatto decisivo della controversia ed error in procedendo, ex artt. 112 e 360, n. 4, c.p.c.

La legge regionale n. 10 del 2000, intervenuta successivamente alla scadenza dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso, all’art. 5 ha assegnato alla Regione Sicilia in dotazione organica il personale inquadrato alla data di entrata in vigore della legge, così come inquadrato precedentemente (c. 1), facendo divieto all’Amministrazione di indire nuovi concorsi fino al 31.12.03 “fermi restando i concorsi già banditi” (c. 3). La stessa legge, all’art. 6, ha regolato l’ordinamento della dirigenza, con la creazione di un ruolo unico, articolato in due fasce “in relazione al livello di professionalità e di responsabilità”, e l’istituzione, in sede di prima applicazione della legge, di una terza fascia “in cui è inquadrato il personale con la qualifica di dirigente amministrativo e tecnico o equiparato ai sensi della normativa previgente, in servigio alla data di entrata in vigore della presente legge” (c. 1). L’Amministrazione avrebbe dovuto, pertanto, assegnare la ricorrente alla terza fascia della dirigenza e non attribuirle il profilo di funzionario classe D/l, atteso che al dirigente tecnico di VIII livello competevano funzioni “di direzione, di impulso, di istruzione ed, eventualmente, di ispezione”, ben più consistenti che quelle di “responsabilità di risultati relativi ad importanti processi produttivi amministrativi”, proprie della qualifica D/l assegnata.

Oltre al vizio di erronea interpretazione della legge, la Corte di merito sarebbe in corsa anche in error in procedendo in quanto non avrebbe correttamente delibato il motivo di appello specificamente dedotto al riguardo.

7.4.- Quarto motivo: violazione degli artt. 5, c. 3, e 6, c. 1, della stessa l.r. 15.05.00 n. 10 e dell’art. 5, c. 2, del d.PRS 20.03.01 n. 11, nonché degli artt. 1218, 1321, 1336, 1418 c.c., negandosi che la legge regionale, introducendo nuovi criteri di classificazione del personale, consentisse la modifica in peius delle condizioni contrattuali stabilite dal bando di concorso, atteso che né la legge, né altro atto normativo, né provvedimento amministrativo di autotutela successivo ha modificato l’offerta del contratto di lavoro ivi stabilita.

7.5.- Quinto motivo: violazione dell’art. 6 della l.r. 15.05.00 n. 10, nonché carenza di motivazione ed error in procedendo per omessa pronunzia su motivi di appello. Il nuovo sistema dei classificazione del personale introdotto dalla legge n. 10 del 2000 non ha determinato la soppressione dei ruoli tecnici dell’Assessorato Beni culturali, in quanto successivamente all’introduzione della legge l’Amministrazione non ha modificato la dotazione organica e non ha, quindi, soppresso i trentanove posti vacanti messi a concorso, ed, anzi, il d.PRS 20.03.01 n. 11, regolamento attuativo della legge, espressamente prevede che il ruolo unico dei dirigenti “si articola in distinte sezioni per i dirigenti già appartenenti a ruoli tecnici o reclutati in ragione delle specifiche professionalità tecniche” (art. 5, c. 2). In particolare la Corte di merito avrebbe omesso di considerare che l’Amministrazione aveva individuato i trentanove posti di dirigente tecnico da assegnare ai vincitori del concorso, pur dopo l’entrata in vigore della legge 10, e che i posti in questione sono stati destinati a dirigenti di seconda o terza fascia o lasciati vacanti. Pertanto, sulla base di questa realtà di fatto leggendo l’art. 6 della legge (che prevede la creazione delle tre fasce dirigenziali) in combinato con l’art. 5 (che fa salvi i concorsi già banditi), è evidente che se il legislatore avesse voluto escludere nuovi inquadramenti nel ruolo dirigenziale avrebbe più semplicemente vietato la prosecuzione dei concorsi in atto per la qualifica di dirigente tecnico di VIII qualifica.

7.6.- Sesto motivo: carenza di motivazione ed error in procedendo ex art. 112 e 360, n. 4, c.p.c., contestandosi l’assunto che l’inquadramento della ricorrente nella categoria D deriverebbe dalla impossibilità di equiparare le mansioni di dirigente tecnico (oggetto del bando) con quelle della nuova carriera dirigenziale, per mancanza di affinità sostanziale o concreta coincidenza, atteso che la legge n. 10 del 2000 non ha modificato le norme in materia di accesso alla dirigenza, in base alle quali l’Assessorato aveva bandito il concorso, né alcun atto legislativo o amministrativo aveva mai modificato la dotazione organica (risalente alla l.r. 27.04.99 n. 8) cui il bando si riferiva.

Inoltre, è contestato che l’ex VIII qualifica funzionale, corrispondente alla figura di dirigente tecnico, sia stata ricondotta alla categoria apicale del personale dipendente, identificata con livello D/l, atteso che nella tabella di confluenza dal vecchio al nuovo inquadramento, allegata al ccnl 2001 del personale regionale non dirigenziale (recepito dal d.PRS n. 9 del 2001), non è prevista la ex VIII qualifica funzionale, mentre sono previste solo le fasce dalla I alla VII, e che dal confronto dei mansionari dell’VIII e della VII non esiste corrispondenza di contenuti.

Tali contraddizioni, non risolte dalla sentenza di merito, sarebbero superate ove si riconoscesse ai vincitori del concorso de quo l’inquadramento nella terza fascia dirigenziale istituita dalla legge n. 10 del 2000, garantendo essa il mantenimento della supremazia funzionale ricoperta dagli appartenenti alla soppressa ex VIII qualifica.

7.7.- Settimo motivo: error in procedendo, ai sensi dell’art. 112 e 360, n. 4, c.p.c., non avendo la Corte di merito ammesso l’interrogatorio formale che avrebbe dimostrato che la stessa Regione aveva, dopo l’entrata in vigore della l.r. n. 10 del 2000, inquadrato nella terza fascia dirigenziale i vincitori di altro concorso bandito per la copertura di posizioni di dirigente tecnico VIII qualifica.

7.8. – Ottavo motivo: carenza di motivazione ed error in procedendo ex artt. 112 e 360, n. 4, c.p.c., avendo la Corte di merito ritenuto irrilevante la circostanza che l’Assessorato ai Beni culturali non avesse impugnato per cassazione le sentenze emesse da altre Corti di appello che avevano dichiarato il diritto dei vincitori di concorsi a dirigente tecnico ad essere inquadrati nella terza fascia previdenziale, atteso che avrebbe dovuto essere valutato se il giudicato di annullamento dell’atto di nomina (avente natura generale e collettiva in quanto inerente tutti i vincitori del concorso), seppure con riferimento ad alcune singole posizioni, esplicasse per sua natura efficacia anche sugli altri dipendenti chiamati a ricoprire posizioni analoghe e imponesse l’adempimento anche nei confronti di tutti costoro.

8.- Preliminare all’esame dei motivi di ricorso è la ricostruzione delle fonti normative, amministrative e legislative, qui rilevanti.

8.1. – La legge della Regione Sicilia 7.11.80, n. 116, recante norme sulla struttura, il funzionamento e l’organico del personale dell’Amministrazione dei beni culturali in Sicilia, nell’istituire l’apposito ruolo del personale, prevede le qualifiche del dirigente tecnico, dell’assistente tecnico e del direttore tecnico (art. 17). Nell’ambito della qualifica di dirigente tecnico dispone una graduazione di funzioni rapportata al livello di incarico (dirigente tecnico soprintendente o direttore di centro regionale, direttore di sezione tecnica, direttore di biblioteca regionale, direttore di museo o galleria regionale).

8.2.- Con decreto dell’Assessorato regionale dei Beni culturali del 29.03.00 fu bandito un concorso per la copertura di 39 posti di dirigente tecnico storico dell’arte del ruolo tecnico dei beni culturali, bandito, il quale stabiliva che “ai vincitori del concorso ammessi all’impiego sarà corrisposto, dalla data dell’effettiva assunzione in servizio, il trattamento economico corrispondente all’VIII livello retributivo di cui alla tabella A, decr. Pres. Regione Sicilia 20.01.95 n. 11 e successive modifiche” (art. 6 del bando).

8.3.- La legge regionale 15.05.00 n.10, recante tra l’altro norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana ispirate alla riforma dell’ordinamento del pubblico impiego avviato a livello nazionale dal d.lgs. 3.02.93 n. 29, nel fissare la dotazione organica del personale dell’Amministrazione regionale all’art. 5 stabilisce che la dotazione stessa sia “costituita dal personale inquadrato anche in soprannumero nei ruoli dell’amministrazione regionale, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, distinto per qualifiche secondo la normativa previgente con riferimento alle tabelle allegate alla legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, e successive modifiche ed integrazioni”. E’ altresì previsto che, previa contrattazione sindacale, per il personale non inquadrato nelle qualifiche dirigenziali e per il personale direttivo, con decreto del Presidente della Regione siano determinati qualifiche funzionali e criteri per l’individuazione dei profili professionali (c. 1).

Lo stesso art. 5 prevede, altresì, che “fino al 31 dicembre 2003 è fatto divieto all’amministrazione regionale di indire concorsi per l’assunzione di nuovo personale, fermi restando i concorsi già banditi, fatto salvo quanto stabilito al comma 8 dell’articolo 9 …” (c. 3).

L’art. 6 della stessa legge n. 10 del 2000, sotto la rubrica Ordinamento della dirigenza, stabilisce che “nell’amministrazione regionale e negli enti di cui all’articolo 1, la dirigenza è ordinata in un unico ruolo articolato in due fasce, in relazione al livello di professionalità e di responsabilità. La distinzione in fasce ha rilievo agli effetti del trattamento economico ed ai fini del conferimento degli incarichi dirigenziali. Nella prima applicazione della presente legge è altresì istituita una terza fascia in cui è inquadrato il personale con la qualifica di dirigente amministrativo e tecnico o equiparato ai sensi della normativa previgente in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge” (c. 1).

Lo stesso art. 6 prevede che “presso la presidenza della Regione è istituito il ruolo unico dei dirigenti dell’amministrazione regionale con regolamento da emanarsi entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge sono disciplinate le modalità di costituzione e tenuta del ruolo unico articolato in modo da garantire la necessaria specificità tecnica e/o professionale anche ai fini dell’attribuzione degli incarichi in relazione alle peculiarità delle strutture” (c. 2).

8.4. – Il d.PRS 20.03.01 n. 11, contenente in regolamento di attuazione dell’art. 6, c. 2, appena menzionato, prevede che “… il ruolo unico [dei dirigenti] si articola in distinte sezioni per i dirigenti già appartenenti a ruoli tecnici o reclutati in ragione delle specifiche professionalità tecniche” (art. 5, c. 2).

8.5. – La riclassificazione del personale regionale ai sensi dell’art. 5 della legge regionale n. 10 fu effettuata con due d.PRS del 22.06.01; il primo dei quali (recante il n. 9) prevedeva che il personale dipendente già inquadrato nelle qualifiche fosse riclassificato in quattro categoria (dalla A alla D, come da tabella A annessa al decreto); mentre il secondo (recante il n. 10) prevedeva, tra l’altro, il relativo trattamento economico.

8.6.- La ricorrente, vincitrice del concorso bandito il 29.03.00, fu assunta in servizio a seguito di provvedimento di nomina del 3.03.05 con il profilo di “funzionario”, posizione economica D/l.

9.- L’odierna ricorrente nella domanda proposta al giudice di merito ha sostenuto di aver diritto all’assunzione nel ruolo dirigenziale, nella terza fascia, in quanto corrispondente all’ex qualifica VIII (dirigente tecnico) per la quale era stato bandito il concorso, ritenendo insoddisfacente l’inquadramento riconosciutogli dall’Amministrazione.

La Corte d’appello ha disatteso la domanda sostenendo, in sintesi, che la legge prevede il richiesto inquadramento solo per il personale dirigente amministrativo o tecnico già in servizio all’entrata in vigore della legge n. 10 del 2000 e che, in ogni caso è corretto l’inquadramento riconosciuto alla ricorrente in categoria D/l.

Le censure mosse a questa statuizione possono essere esaminate seguendo l’iter logico proposto dalla stessa ricorrente, partendo dalla considerazione della portata del bando di concorso (motivi primo e secondo), passando per l’interpretazione della legge di riforma (motivi terzo, quarto e quinto) e concludendo con la verifica dell’esattezza dell’inquadramento assegnato alla predetta (motivi sesto e successivi).

10. – Quanto alla portata ed al contenuto giuridico del bando, oggetto dei primi due motivi (nn. 7.1 e 7.2), preliminarmente deve rilevarsi che la giurisprudenza di questa Corte ritiene, sul piano generale, che il bando di concorso per l’assunzione di lavoratori, essendo preordinato alla stipulazione di contratti di lavoro che esigono il consenso delle controparti, costituisce, ove contenga gli elementi del contratto alla cui conclusione è diretto, un’offerta al pubblico, ai sensi dell’art. 1336 c.c., la quale è revocabile solo finché non sia intervenuta l’accettazione da parte degli interessati. Tale offerta può essere di un contratto di lavoro definitivo, che si perfeziona con l’accettazione del candidato che sia utilmente inserito nella graduatoria degli idonei, o di un contratto preliminare, che si perfeziona con la richiesta del candidato di partecipare al concorso ed ha per oggetto l’obbligo per entrambe le parti (o per il suo offerente, nel caso di preliminare unilaterale) della stipulazione del contratto definitivo con chi risulti vincitore (v. per tutte, le sentenze 6.06.07 n. 13273 e 8.03.07 n. 5295, entrambe della Sezione Lavoro). Dopo la privatizzazione avviata con il d.lgs. 3.2.93 n. 29 questo principio è ritenuto pacificamente applicabile anche ai concorsi per il pubblico impiego, tanto per l’ipotesi del reclutamento di nuovo personale (S.u. 4.11.09 n. 23327), che per il caso che per la copertura di posti di una determinata qualifica dell’organico attraverso il sistema del concorso interno (v. per tutte le sentenze della Sezione lavoro 21.12.11 n. 28067, 28.11.11 n. 25045 e 19.06.09 n. 14478). Si è, infatti, rilevato che la P.A. nell’ambito del pubblico impiego privatizzato non esercita più poteri di supremazia speciale ed opera, anzi, con la capacità del datore di lavoro privato, nell’ambito di un rapporto di lavoro paritario.

In particolare, per l’assunzione di nuovo personale, si è precisato che il bando indica il contratto di lavoro che l’Amministrazione intende concludere, nonché il tipo e le modalità della procedura concorsuale, partecipando agli interessati l’intento di giungere alle assunzioni. Al bando, dunque, va riconosciuta duplice natura giuridica: quella di provvedimento amministrativo, nella parte in cui concreta un atto del procedimento di evidenza pubblica di cui regola il successivo svolgimento, e quella di atto negoziale per gli aspetti sostanziali, in ragione della proposta di assunzione condizionata negli effetti all’espletamento della procedura concorsuale ed all’approvazione della graduatoria (v. la già citata sentenza n. 23327 del 2009, in motivazione, nonché Sez. Lav. 20.01.09 n. 1399).

11.- Può dunque ritenersi acquisita la conclusione che, sul piano generale, anche per il pubblico impiego privatizzato, l’espletamento della procedura concorsuale, con la compilazione della graduatoria finale e la sua approvazione, fa nascere nel candidato utilmente collocato il diritto soggettivo all’assunzione secondo le modalità fissate dal bando di concorso.

Nella presente controversia, tuttavia, si pone un problema specifico, e cioè quale siano le conseguenze sulla posizione del candidato vincitore, ove successivamente all’emanazione del bando e prima della conclusione delle operazioni concorsuali, sia cambiato il quadro normativo nel cui ambito il bando stesso era intervenuto. Più specificamente, la presente controversia pone il problema di cosa debba accadere nel caso che la posizione funzionale, in cui il vincitore avrebbe dovuto essere collocato, sia stata soppressa per l’introduzione di una nuova disciplina del rapporto di lavoro interessato.

12.- Questo delicato passaggio è stato affrontato dalla giurisprudenza della Sezione Lavoro sotto la prospettiva generale che la legittimità del comportamento dell’Amministrazione è sindacabile dal giudice ordinario sia sotto il profilo delle norme regolamentari e delle disposizioni collettive, sia sotto il profilo dell’osservanza del principio generale di correttezza di cui all’art. 1175 c.c. (sentenza 25.11.99 n. 13138). I casi cui è stato riferito questo principio sono essenzialmente quelli in cui il datore di lavoro pubblico sia tenuto ad un diverso inquadramento nascente dalla contrattazione collettiva nel frattempo intervenuta (sentenza 4.07.07 n. 15039), in particolare legittimandosi il diverso inquadramento nel caso che, a seguito di riorganizzazione interna e prima del formale provvedimento di nomina, venga soppressa la qualifica funzionale per cui il vincitore ha partecipato al concorso (sentenze 7.04.06 n. 8192 e 7.04.05 n. 7219). La sentenza 21.04.06 n. 9384 afferma esplicitamente che il diritto all’inquadramento nel livello previsto dal bando di concorso è subordinato al mantenimento dell’organizzazione interna, in quanto l’intervenuta soppressione dell’area di attività per cui i ricorrenti hanno partecipato al concorso esime l’ente pubblico dal rispetto degli obblighi che scaturivano dal bando di concorso. In questi casi l’adempimento dell’obbligo di assunzione nei limiti fissati dal nuovo assetto organizzativo non impone la valutazione alla luce dei principi di buona fede e di correttezza, i quali non operano come fonti autonome ed ulteriori di diritti se non nei limiti della previsione contrattuale (v. la sentenza n. 15039 del 2007, sopra citata).

La Sezione di lavoro con le sentenze 1.10.10 n. 20544 e 4.10.10 nn. 20568 e 20569, pronunziate in fattispecie analoghe a quella ora in considerazione, ha rilevato che il mancato inquadramento nella fascia funzionale prevista è conseguenza dello ius superveniens, che aveva procurato in sede di contrattazione collettiva la soppressione della vecchia qualifica funzionale.

Tale conclusione è conforme al principio desumibile dall’art. 97 Cost., per il quale la Pubblica Amministrazione nell’organizzare i suoi uffici è tenuta a conformare la propria azione ai principi di imparzialità, efficienza e legalità (Corte cost. 8.03.00 n. 75, la quale afferma, anzi, che da detto art. 97 deriva direttamente l’esistenza di un potere-dovere della P.A. di annullare i provvedimenti che abbiano disposto gli inquadramenti illegittimi). Tale obbligo, nel caso di ius superveniens, impone all’Amministrazione — ove non abbia ritenuto di ricorrere alla revoca o all’annullamento della procedura concorsuale intervenuto prima della nomina dei vincitori (consentita dalla giurisprudenza amministrativa, v. TAR Lazio, Sez. II, 14.11.96 n. 2051) — di adottare il provvedimento di inquadramento del vincitore del concorso sulla base della norma (di natura legislativa o collettiva) vigente al momento dell’adozione dell’atto.

Può, dunque ritenersi che il diritto del candidato vincitore ad assumere l’inquadramento previsto dal bando di concorso, espletato dalla P.A. in regime di pubblico impiego privatizzato per il reclutamento dei propri dipendenti, è subordinato alla permanenza, al momento dell’adozione del provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando era stato emesso. In questi termini, dunque, i motivi primo e secondo sono infondati.

13.- Con i motivi terzo, quarto e quinto si sostiene che una corretta interpretazione della norma avrebbe consentito, comunque, di individuare un collegamento tra l’VIII qualifica funzionale messa concorso e la terza fascia dirigenziale creata della legge di riforma n. 10 del 2000, di modo che l’inserimento della vincitrice del concorso nella fascia in questione avrebbe soddisfatto le condizioni del bando.

Sul punto questa Corte, con le già menzionate sentenze della Sezione Lavoro 1.10.10 n. 20544 e 4.10.10 nn. 20568 e 20569, è giunta alla conclusione che nella terza fascia del ruolo unico della dirigenza istituto con la legge Regione Sicilia n. 10 del 2000 che ha riformato il rapporto di impiego del personale dell’Amministrazione regionale, non possono essere inquadrati lavoratori assunti successivamente all’entrata in vigore della legge. Tali pronunzie hanno, inoltre, ritenuto corretto l’inquadramento in D/l assegnato alla dipendente a seguito dell’abolizione della qualifica per la quale era stato bandito il concorso, in ragione del carattere comunque apicale della categoria assegnata. A questo orientamento le Sezioni unite intendono dare continuità.

14.- Quanto ai motivi terzo e quarto, deve premettersi che la legge di riforma n. 10 all’art. 6, c. 1, nell’istituire il ruolo unico della dirigenza, articolato in due fasce in relazione al livello di professionalità e responsabilità ¿collegabile a ciascuno dei due livelli, ha riservato la terza fascia al personale servigio alla data di entrata in vigore della presente legge”, già inquadrato con la qualifica di dirigente amministrativo e tecnico (o equiparato) ai sensi della precedente normativa. Tale formulazione vale ad escludere la possibilità di inserire nella terza fascia l’odierna ricorrente, sulla base di una serie di considerazioni di carattere testuale e sistematico.

Dato che alla data del 17.5.00, giorno della pubblicazione della legge n. 10 su Bollettino ufficiale della Regione Sicilia e della sua entrata in vigore (ai sensi dell’art. 41), la predetta non solo non era ancora entrata in servizio, ma aveva solo presentato domanda di partecipazione al concorso, consentire alla stessa l’entrata nella terza fascia del ruolo dirigenziale costituirebbe non solo violazione del dato testuale, ma alterazione dello stesso obiettivo della legge di riforma.

Quest’ultima, infatti, si riprometteva di “realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti” (art. 1, c. 1, lett. c)” e di valorizzare la qualità professionale dei dipendenti. La norma dell’art. 6, c. 1, se intesa quale strumento idoneo a consentire l’applicazione di qualità professionali già maturate alla nuova realtà organizzativa della dirigenza, si pone in linea con quest’obiettivo, mentre si porrebbe in contrasto con esso se consentisse l’entrata nella menzionata terza fascia di funzionari neo assunti. L’accesso alla terza fascia dirigenziale, è bene ricordare, non implica solo l’attribuzione di una posizione destinata ad esaurirsi con l’entrata a regime del nuovo ordinamento della dirigenza, ma rappresenta allo stesso tempo un canale di accesso privilegiato al canale di reclutamento dei funzionari destinati alla seconda fascia (art. 6, c. 5).

Essendo l’istituzione della terza fascia frutto di una disposizione eccezionale (“nella prima applicazione della presente legge …”) a carattere transitorio, riservata ad una specifica categoria di dipendenti regionali, sarebbe del tutto incongruo ritenere che detta istituzione costituisca per i nuovi assunti una porta di accesso alla dirigenza senza passare per lo specifico concorso previsto dalla legge (diverso da quello da loro espletato). Ove interpretata in questo senso, la norma dell’art. 6, c. 1, si porrebbe in contrasto con il principio sancito dall’art. 97, c. 3, della Costituzione per il quale agli impieghi della Pubblica amministrazione si accede solo a seguito di pubblico concorso.

15.- Parte ricorrente intende superare questo passaggio argomentativo richiamando le disposizioni dell’art. 5, c. 1 e 3, della legge n. 10, per le quali, nelle more dell’emanazione degli atti di attuazione della nuova legge, “la dotazione organica del personale dell’amministrazione regionale è costituita dal personale inquadrato anche in soprannumero nei ruoli dell’amministrazione regionale, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, distinto per qualifiche secondo la normativa previgente …” (c. 1), con divieto per l’Amministrazione di bandire nuovi concorsi per l’assunzione di personale fino al 31.1.2.03, “fermi restando i concorsi già banditi” (c. 3). Secondo parte ricorrente questa riserva per i concorsi già banditi abbraccerebbe anche il concorso de quo e, lasciando fermo il contenuto del bando, consentirebbe di ricomprendere i vincitori dello stesso nella già richiamata terza fascia dirigenziale.

La norma in questione, tuttavia, è incongruamente richiamata. La norma transitoria del c. 1, che prevede il provvisorio mantenimento delle precedenti qualifiche comunque è riservata “al personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge”; inoltre, la norma del c. 3 non intendeva affatto far salvi gli effetti dei concorsi già banditi ed in corso di espletamento, ma intendeva esclusivamente evitare che dall’entrata in vigore della riforma fino alla data del 31.12.03 la Regione effettuasse nuove assunzioni, facendo salvi, quanto a contingente numerico, solo “i concorsi già banditi”, a prescindere dal regime giuridico delle nuove assunzioni.

I motivi terzo e quarto sono pertanto infondati.

16.- Collegato a questi due motivi è il quinto, con cui si lamenta l’omesso esame di un motivo di appello che, richiamato il regolamento di attuazione della legge di riforma contenuto nel d.PRS 20.03.01 (per il quale il ruolo unico dei dirigenti si articola in distinte sezioni per i dirigenti “già appartenenti a ruoli tecnici o reclutati in ragione delle loro specifiche professionalità tecniche”), evidenziava che il concorso de quo non era stato sospeso e che l’Amministrazione regionale, pur dopo la legge di riforma, aveva individuato i 39 posti da assegnare ai vincitori destinandoli a funzionari inseriti nella seconda e terza fascia del ruolo dei dirigenti o, addirittura, lasciandoli vacanti.

Il motivo deve ritenersi assorbito dal già compiuto esame dei motivi terzo e quarto, atteso che l’Amministrazione ha interpretato il complesso normativo ora in considerazione nei termini superiormente esplicitati da questo Collegio, nel senso cioè di riservare i posti aventi contenuto professionale derivante dal precedente ordinamento del personale, a dirigenti inseriti in seconda e terza fascia e quindi, per quanto riguarda questi ultimi, a soggetti già in servilo al momento dell’entrata in vigore della legge di riforma.

17.- Con parte del quarto e con il sesto motivo la ricorrente contesta l’inquadramento in categoria D/l non più per il mancato inserimento nella terza fascia del ruolo dirigenti, ma perché esso costituirebbe una modifica in peius delle condizioni di assunzione previste dal bando di concorso.

Al riguardo deve considerarsi che i 39 posti di dirigente tecnico storico dell’arte del ruolo tecnico dei beni culturali messi a concorso, cui era riconnesso l’VIII livello retributivo previsto dal d.PRS 20.01.95 n. 11, andavano ad inquadrarsi nell’ottava fascia funzionale prevista dall’art. 5 della legge regionale 29.10.85 n. 41 (“il personale dei ruoli della amministrazione regionale di cui alla presente legge, con qualifica inferiore a dirigente superiore o equiparato, è collocato nelle seguenti

fasce funzionali”), ricomprendente appunto la qualifica di dirigente tecnico (in cui rientrava la figura del dirigente tecnico dei beni culturali, ai sensi della già citata 1. 7.11.80, n.116). L’inquadramento assegnato dalla Regione alla ricorrente è, invece, quello risultante dal d.PRS 22.06.01 n. 9, recante la nuova classificazione del personale regionale ai sensi dell’art. 5 della più volte richiamata legge regionale 15.05.00 n. 10, a recepimento dell’accordo sindacale stipulato in data 28.02.01.

Al riguardo deve precisarsi che il passaggio dalla prima alla seconda classificazione ha comportato una revisione delle qualifiche e dei compiti a ciascuna di esse riconnesse. Ed infatti, il personale di carriera non dirigenziale era originariamente (l.r. 41/85) classificato in otto fasce funzionali, l’ottava delle quali ricomprendeva la figura del dirigente tecnico (ricompresa, nonostante la denominazione, solo nella posizione apicale della carriera direttiva). Dopo la riforma il personale dipendente, già inquadrato nelle otto fasce funzionali, fu riclassificato in quattro categorie (dalla A alla D) come da tabella A annessa al d.PRS 9/01. Da questa tabella risulta la confluenza nelle dette quattro categorie esclusivamente delle qualifiche inserite nelle fasce dalla I alla VII dell’originaria partizione operata dalla legge n. 41 del 1985.

18.- La riclassificazione del personale sulla base di nuovi parametri funzionali era, come già rilevato, uno degli obiettivi della legge n. 10 del 2000. Il terzo periodo del primo comma dell’art. 5 di questa legge prevedeva esplicitamente che “entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente della Regione, si procede, previa contrattazione sindacale, per il personale non inquadrato nelle qualifiche dirigenziali e per il personale direttivo, alla determinazione delle qualifiche funzionali e dei criteri per l’individuazione dei profili professionali distinti in relazione alla tipologia della prestazione lavorativa, nonché ai requisiti specifici richiesti per il suo svolgimento ed al grado di responsabilità e di esplicazione connessi”. Compito dell’Amministrazione era, dunque, quello di attivare tale procedura negoziale e di recepirne formalmente gli esiti con un atto di rilevanza generale; l’emanazione del d.PRS n. 9 del 2001 (e per altri aspetti del d.PRS n. 10) costituì l’atto conclusivo della procedura negoziale che dette corpo allo ius superveniens, alla cui materiale applicazione l’Amministrazione regionale era, per quanto sopra detto, giuridicamente tenuta.

Questa Corte con le già richiamate sentenze n. 20544, 20568 e 20569 del 2010 ha chiarito che in tale situazione non era ulteriormente possibile l’inquadramento previsto dal bando e che l’Amministrazione per adempiere al suo obbligo di assunzione non poteva far altro che inserire il vincitore del concorso nella qualifica non dirigenziale di livello apicale (quella recante il grado D), non avendo essa la possibilità di creare una ulteriore qualifica, non essendone facoltizzata dalla legge. Precedentemente queste Sezioni unite avevano affermato che il datore di lavoro pubblico non ha il potere di attribuire inquadramenti in violazione del contratto collettivo, ma ha solo la possibilità di adattare i profili professionali, indicati a titolo esemplificativo nel contratto collettivo, alle sue esigenze organizzative, senza modificare la posizione giuridica ed economica stabilita dalle norme pattizie, in quanto il rapporto è regolato esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato. E’ conseguentemente nullo l’atto in deroga, anche in melius, alle disposizioni del contratto collettivo, sia quale atto negoziale, per violazione di norma imperativa, sia quale atto amministrativo, perché viziato da difetto assoluto di attribuzione ai sensi dell’art. 21 septies della legge 7.08.90 n. 241, dovendosi escludere che la P.A. possa intervenire con atti autoritativi nelle materie demandate alla contrattazione collettiva (sentenza 14.10.09 n. 21744).

In altre parole, la riqualificazione del personale, dalle otto fasce della legge del 1985 alle quattro categorie del d.PRS n. 9 del 2001, è frutto di una trattativa sindacale procedimentalizzata dalla legge, il cui esito non è censurabile in sede giudiziale, in quanto non è consentito al giudice valutare la razionalità del regolamento di interessi realizzato dalle parti sociali con la contrattazione collettiva (Sez. Lavoro 23.06.11 n. 13869 e 22.04.11 n. 9313). La trattativa è stata conclusa da un contratto collettivo, mediante il quale la Regione ha dato attuazione alla (ri)organizzazione del proprio personale, ivi ricomprendendo anche l’inquadramento dei nuovi assunti, vincitori del concorso ora in considerazione. L’unica alternativa che poteva essere adottata dall’Amministrazione, di fronte al mutamento del quadro normativo e sindacale di riferimento, era quella di revocare o modificare il bando di concorso tenendo conto delle nuove evenienze; una volta scelta la via di mantenere fermo il concorso, non era possibile soluzione diversa.

Con accertamento di fatto, correttamente motivato ed incensurabile in questa sede, la Corte d’appello ha ritenuto corretto l’inquadramento nella categoria D/l, in relazione ai compiti ed alle competenze assegnate alla lavoratrice ricorrente.

19.- In risposta ai motivi da tre a sei può, dunque, affermarsi che in base all’art. 6 della legge regionale n. 10 del 2000 l’articolazione ordinaria della dirigenza comprende solo due fasce e che la terza, avente carattere transitorio, è riservata a dipendenti già in servizio al momento dell’entrata in vigore di quella legge. In tale contesto, il comma dell’art. 5 della stessa legge, per il quale fino al 31.12.03 era fatto divieto alla Regione di indire concorsi per l’assunzione di nuovo personale “fermi restando i concorsi già banditi” intendeva derogare, limitatamente ai posti banditi con questi ultimi, al divieto di nuove assunzioni, ma non intendeva equiparare la posizione del personale già in servizio a quella di coloro che avrebbero maturato il diritto all’assunzione all’esito dei concorsi stessi.

Quanto all’inquadramento assegnato alla odierna ricorrente, l’emanazione del d.PRS n. 9 del 2001 comporta l’abolizione della qualifica per cui era stato bandito il concorso e costituisce jus superveniens, per il quale l’Amministrazione era tenuta ad effettuare l’inquadramento in termini diversi da quelli originariamente previsti, così legittimando l’inquadramento nella categoria D, avente carattere apicale al pari di quella prevista dal bando di concorso.

20.- Sono inammissibili il settimo e l’ottavo motivo, in quanto attinenti pretesi comportamenti della Regione Sicilia riguardanti l’esercizio dell’azione amministrativa e le prerogative datoriali di gestione del personale non rilevanti ai fini della controversia ora in esame.

21.- In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità debbono essere compensate.

Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma il 5 giugno 2012.

Il Presidente

Il Consigliere Estensore

Depositata in Cancelleria il 2 ottobre 2012.

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