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Lavoro, una riforma che guarda al passato (da www.ingegnere.it)

Guardiamo le nuove regole sul lavoro dal punto di vista degli outsiders, in gran parte donne. Cosa cambia per loro? I nuovi ammortizzatori sono lontani nel tempo, e comunque ancorati a un’assunzione. Siamo ancora lontani dall’universalismo delle prestazioni. E i precari restano a secco

L’articolo 18 ha colpito ancora. L’attenzione spasmodica e quasi esclusiva sulla riforma della ?flessibilit? in uscita?, e la rottura della trattativa con la Cgil sul nuovo regime dei licenziamenti individuali ingiustificati nelle grandi imprese, hanno per ora offuscato le altre questioni oggetto della riforma del mercato del lavoro: sia l’intervento normativo sulla flessibilit? in entrata, assai abbondante con i 46 modelli contrattuali adesso esistenti, sia la riforma degli ammortizzatori sociali ? che entrer? a regime, secondo la proposta governativa, solo nel 2017. Entrambi questi aspetti sono cruciali per il futuro del sistema del lavoro e della protezione sociale, e in particolare per le donne, sovra-rappresentate nel lavoro non standard e nella parte meno tutelata del lavoro standard. In questo articolo cercheremo di spiegare perch?, e quali sono a nostro avviso i limiti di un intervento di riforma che pare ancora una volta modellato sul pilastro centrale del rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Gli interventi proposti cercano di ridurre un po’ la precariet? degli outsiders, dando loro qualche chance in pi? di entrare nel mondo delle tutele, senza per? cambiarne sostanzialmente l’impianto. In altre parole, una riforma che guarda al passato pi? che al futuro.

Per quanto ? emerso finora dalle proposte governative, infatti, il modello contrattuale che verr? fuori dalla riforma non sar? molto diverso da quello antico, limitandosi a correggere gli abusi che hanno caratterizzato il ricorso alla flessibilit? in entrata, o almeno a tentare di farlo. In sostanza, il lavoro precario non sar? riformato n? tantomeno abolito, ma disincentivato. In primo luogo, rendendolo pi? costoso: vanno in questa direzione gli aumenti dei contributi per i contratti a tempo determinato e per i collaboratori a progetto. Questi aumenti dovrebbero gravare sulle imprese; ma, non essendo contestualmente introdotto un salario minimo n? altre forme di rafforzamento del potere contrattuale dei lavoratori atipici, ? pi? che probabile che vadano a incidere sul loro compenso netto. In secondo luogo, mettendo paletti e obblighi amministrativi in pi? a carico dei datori: sulla comunicazione delle variazioni dell’orario (contro l’abuso del part time), sul lavoro a chiamata, sulla definizione del contratto ?a progetto?, sulla equiparazione delle partite Iva ?finte? al lavoro subordinato (in presenza di determinati e stringenti requisiti, su compensi, orari e vincoli di subordinazione). ? per questa via che passer? l’auspicata lotta alla precariet?, in favore soprattutto dei pi? giovani: dando per scontato che sia questo quel che vogliono i giovani ?nativi flessibili?, ossia tutti coloro che hanno imparato a lavorare e convivere con una buona dose di flessibilit?. E che magari vorrebbero essere posti in condizione di minore ricattabilit? da parte del datore di lavoro, piuttosto che la stabilizzazione, dei cuscinetti protettivi tra un contratto e l’altro. Ma ? importante ricordare che questa condizione di ricattabilit?, che accomuna tutti i giovani precari, ? particolarmente pesante per le giovani donne, ricattabili anche per via della potenziale maternit?: il 43% delle donne con meno di 40 anni, secondo una ricerca di Maternit?Paternit?, non ha alcuna copertura in caso di maternit?. La copertura universale per maternit? resta un obiettivo lontano; ma almeno, secondo quanto ha dichiarato la ministra Fornero, nell’articolato della riforma ci sar? il ritorno di regole contro l’odiosa pratica delle dimissioni in bianco, che colpisce soprattutto le donne in gravidanza.

In questo quadro, ? cruciale capire il diverso uso degli ammortizzatori sociali tra uomini e donne, e dunque il diverso impatto che la riforma avr?. Ci limitiamo per ora all’analisi del trattamento della disoccupazione. Gi? la composizione della platea dei disoccupati, se scomposta per sesso, ci dice una cosa molto chiara: tra i disoccupati maschi, pi? della met? sono ex-occupati; mentre solo il 36% delle disoccupate ha perso un precedente lavoro, tutte le altre sono in cerca di prima occupazione o escono da una situazione di inattivit? (v. tabella 1).

 

Tabella 1. Numero di disoccupati per tipologia (in migliaia)

 

?

Maschi

Femmine

?

VA

incidenza %

VA

incidenza %

Ex-occupati

552

56.0

338

37.0

Ex-inattivi

182

18.5

266

29.1

In cerca di prima occup.

252

25.6

310

33.9

Totale disoccupati

986

100.0

914

100.0

 

 

Fonte: Istat. III trimestre 2011

 

E poich? l’attuale sistema degli ammortizzatori sociali copre solo chi ha perso un lavoro, gi? configura una posizione relativamente pi? debole delle donne, sovra-rappresentate nella categoria delle ?entranti?.

Chi invece un lavoro ce l’aveva e lo ha perso, pu? trovarsi a godere di una serie di tutele di diversa portata e forza: il trattamento di disoccupazione ordinaria, l’indennit? di mobilit?, le varie forme di cassa integrazione. Nel 2010 le donne erano beneficiarie di quasi la met? delle indennit? di disoccupazione ordinaria (e prima della crisi ne avevano una quota anche pi? alta, prossima al 60%), del 37,6% della mobilit?, del 29% della cassa integrazione. Dunque, le donne ex-occupate tendono a essere sovra-rappresentate nel campo degli ammortizzatori a tutela ?debole?, e meno presenti tra quelli pi? forti ? anche se il 2010, con l’estensione della cassa integrazione in deroga al settore del commercio, ha un po’ cambiato i pesi, essendo prima la Cig concentrata su settori a occupazione prevalentemente maschile (si veda la scheda sulla suddivisione di genere degli attuali ammortizzatori sociali).?

Se poi usciamo dal mondo del lavoro dipendente (a tempo indeterminato e a termine) ed entriamo nel vasto mondo del lavoro atipico, non coperto dall’attuale sistema degli ammortizzatori sociali ? collaboratori a progetto, occasionali, finti autonomi, stagisti ? si conferma una sovrarappresentazione femminile nel popolo dei ?senza tutele?. Come si pu? vedere nella tabella 2, la presenza femminile ? pi? forte di quella maschile sia tra i lavoratori dipendenti a termine, che tra quelli che la rilevazione Isfol-Plus identifica come ?finti autonomi? (che sono tutti coloro che hanno un contratto di lavoro formalmente indipendente, ma presentano almeno quattro su un totale di sei parametri che indicanovincoli di subordinazione: orario, obbligo di presenza sul luogo di lavoro, etc.).

 

Tabella 2 ? La distribuzione dell?occupazione per tipologia contrattuale e sesso (%)

?

Nord

Centro

Sud

Totale

Uomini

?

?

?

?

1. Dipendenti a tempo indeterminato

66

63

61

64

2. Veri autonomi

23

25

25

24

3. Lavoratori dipendenti a termine

7

7

9

7

4. Finti autonomi

4

5

5

5

Totale non standard (3 + 4)

11

12

14

12

Donne

?

?

?

?

1. Dipendenti a tempo indeterminato

73

70

66

70

2. Veri autonomi

12

12

12

12

3. Lavoratori dipendenti a termine

10

12

14

12

4. Finti autonomi

5

6

8

6

Totale non standard (3 + 4)

15

18

22

18

 

Legenda: I dipendenti a termine comprendono Lavoro a tempo determinato, Apprendistato, Contratto formazione lavoro; Contratto d?inserimento; Lavoro interinale (di somministrazione);? Job sharing (lavoro ripartito); Lavoro intermittente (a chiamata); stage, tirocinio e pratica professionale. I Veri autonomi comprendono i lavoratori con? contratti di lavoro indipendente (collaboratori, P. IVA, Imprenditori, ecc.) con? meno di 4 vincoli di subordinazione. I Finti autonomi comprendono i lavoratori con? contratti di lavoro indipendente con almeno 4 vincoli di subordinazione. Si veda anche il Comunicato Stampa Isfol 11/1/ 2012

Fonte: Isfol Plus

 

I dati Inps sui collaboratori parasubordinati confermano il fenomeno, in particolare sulle fasce d’et? pi? giovani: se nel complesso i parasubordinati maschi sono di pi? delle donne (838.560 contro 603.667 nel 2010), la proporzione si ribalta sotto i 29 anni (186.209 donne contro 143.590 maschi).

Dunque, le donne sono svantaggiate dall’attuale sistema degli ammortizzatori sociali, e continueranno ad esserlo finch? non ci sar? un sostanziale e corposo allargamento degli ammortizzatori a copertura degli outsiders. La bozza di riforma licenziata dal governo ventila questo allargamento, ma lo rimanda al 2017 e non ne precisa i contorni. Un esempio ? l?indennit? di disoccupazione ordinaria (che si chiamer? ASPI o Assicurazione Sociale per l?Impiego): coprirebbe anche i contratti a termine, pubblici e privati, ma questo vale anche per l?attuale indennit? di disoccupazione (vedi scheda). I requisiti per l?accesso, poi, rimarrebbero alti ? due anni di anzianit? assicurativa e 52 settimane di contribuzione nell?ultimo biennio. C?? una cosiddetta mini-Aspi dai benefici ridotti cui si accederebbe con 13 settimane di contribuzione nell?ultimo anno, equivalenti a 3 mesi, ma anche questa assomiglia alla indennit? di disoccupazione a requisiti ridotti. Un secondo esempio ? l?estensione dell?attuale Cassa integrazione ordinaria a tutti i settori, incluso il terziario, bastione dell?occupazione femminile. Contemporaneamente per? viene abolita la Cassa di integrazione in deroga che ? servita, per l?appunto, a coprire il terziario nel corso di questa crisi.

Insomma, la direzione che si vuole perseguire ? quella giusta ma i tempi sono lontani e la reale portata dell?allargamento ancora molto incerta. Il nodo di fondo qui sono le risorse a disposizione. Il governo assicura che dispone di 1.7 miliardi, veri, circa lo 0.1% del PIL per finanziare l?allargamento della platea dei beneficiari di questo o quell?ammortizzatore. Tanti? Guardiamo al sistema tedesco, spesso evocato, da pi? parti, come modello da seguire. Nel 2009 ? al secondo anno della crisi, quando ancora il tasso di disoccupazione tedesco e quello italiano erano uguali, al 7,9% – la Germania spendeva per gli ammortizzatori sociali l’1,9% del suo Pil, l’Italia lo 0,8%. Con lo stanziamento aggiuntivo raggiungeremmo poco pi? dello 0,9%, il che fa intravedere l’enorme quantit? di risorse che bisognerebbe mettere sul tavolo per avvicinarsi davvero a un sistema che coniughi flessibilit? e sicurezza.