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Siena è cool

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di Luciano Fiordoni

“Uno sta li da tanti anni, ci abita, entra nei negozi, cammina per le strade, incontra la gente, si guarda attorno: e non ci capisce niente. E la sensazione è che non è colpa sua , se non ci capisce niente. La sensazione , se uno ci pensa, è  che è come  se ci fosse tutto un impegno collettivo, misterioso, invisibile, metafisico, per far si che uno non ci capisca niente.”

 

Queste poche frasi sono l’avvio di un articolo dello scrittore Andrea Donaera (“Prima di essere cool Gallipoli era la nostra Twin Peaks” quotidiano Domani 14 Agosto 2021 ).

L’autore si riferisce a Gallipoli, etimologicamente detta “Citta Bella”, sua terra natale, un paesotto di 25 mila persone che a un certo punto è divenuto “cool” (di tendenza o alla moda) ed è stato invaso da milioni di persone: e la Citta Bella ha perso la sua identità di territorio, di economia, di comunità.

 

Gallipoli a mio avviso rappresenta lo stereotipo di un luogo aggredito dalla “economia veloce”. Un economia che guarda allo sfruttamento dei vantaggi comparati del territorio, ovvero bellezza, tradizioni, sapori, colori, cibo in una parola specificità e unicità ambientale in un’ottica di brevissimo periodo. Ma questo orientamento se nell’immediato rende economicamente rischia di trasformare irrimediabilmente un luogo e chi ci abita da sempre non ci capisce più niente.

Purtroppo è quello che succede  in molte città italiane dove una politica orientata al mercato ovvero il mercato della politica determina un effetto spiazzamento fisico e mentale negli abitanti.

 

E’ il caso di Siena.

 

Una Banca plurisecolare, attività artigianali e commerciali storiche e di pregio, istituzioni sportive gloriose sono tutte sparite in un grande buco nero di cui non si sa niente e si stenta di capire il perché. Una città da sempre votata anche laicamente al culto della Madonna ( Sena Vetus Civitas Virginis città della Vergine), a cui dedica il Palio, sembra abbia perso la sua anima. Il quasi fallimento della sua istituzione primaria non è solo un vuoto incolmabile di ricchezza economica ma anche umana che ha trovato l’apoteosi nel volo di una persona nel vuoto dal pieno di una fortezza espugnata. Qualcosa di incomprensibile quanto inaccettabile.

 

Tutto sembra appartenere al passato. Lo splendore, la solidità strutturale era reale o era un sogno della mia generazione?

 

Anche Siena è divenuta cool e lo sfruttamento ora e subito della pesante impronta turistica segna il passaggio ad una economia residuale, se non marginale, esposta alla volatilità dei flussi turistici e delle emergenze pandemiche.

 

E la comunità senese che fine ha fatto?

Le 17 cittadelle delle contrade rappresentano un baluardo comunitario che eviterà di svendere la città al mercato ma per quanto? Viene detto che le contrade rappresentano “i mattoni di un sistema sociale di apprendimento” (Camilla Marzucchi) e questo è ancora vero.

Mi chiedo però su quale terreno comune si costruisce questo sistema sociale?

 

Le contrade hanno fatto grandi e a volte pregevoli sforzi nell’ambito della valorizzazione del territorio di loro pertinenza.

Purtroppo non vedo un tentativo comune di ricostruire l’anima della città. Che non è fatta solo di economia e di valori del passato ma di una comunità che sia dotata degli strumenti cognitivi per capire cosa sta succedendo e agisca per costruire un futuro solido e sostenibile alla città.

 

In realtà geopolitiche più avanzate della nostra, in termini di degrado umano e di paura dell’altro, un architetto inglese George Hazeldon ha teorizzato e costruito in Sudafrica una citta/fortezza (Heritage Park) che, ispirandosi lontanamente alle cittadelle medievali, assicura a pochi eletti l’estrema sicurezza sociale tramite sistemi di controllo elettronici e militari che garantiscono l’inaccessibilità ai non residenti. Chi investe in H. Park ottiene l’ingresso in una Comunità sicura. Aspetto enfatizzato nel prospetto informativo di Hazeldon che testimonia come il marketing utilizzi anche il bisogno dell’uomo di stare insieme ad altri.  

 

Un valore residuale della “buona società” lontano da quello espresso dal Buon Governo del Lorenzetti. Una visione di comunità i cui rapporti interni sono garantiti da un artificioso Orwelliano isolamento e non dalla condivisione di principi e regole sociali di comportamento a cui tutti aderiscono.

 

Mi chiedo se esista davvero un impegno collettivo, misterioso, invisibile, metafisico, per far si che uno non ci capisca niente e se questo alla fine non produca tanti “Heritage Park”.

 

Sovicille

20 Agosto 2021

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