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Emma

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Sei piccola tanto piccola oggi Emma. E io devo parlare con te. Improvvisamente la mia idea, di cui ero tanto orgogliosa mi appare se non stupida o presuntuosa, quasi banale. Penso ci si senta spesso così davanti a persone tanto grandi. Quando hai di fronte una persona in carne e ossa che con la sua testardaggine, il suo impegno, la sua vita stessa ha segnato e segna la storia.

Ci sono poche donne che possono essere evocate solo pronunciando il nome di battesimo. Pochi anche gli uomini, a dar la verità. Non c’è in questa, che potrebbe apparire una confidenza inopportuna e maleducata, il fatto che la pronuncia immediata del solo nome individui inequivocabilmente quella persona e non altre. C’è di più, anche molto di più. C’è affetto, c’è stima. E una voglia intima e profonda di essere, anche solo per un attimo, parte della sua vita, del riconoscimento e del rispetto che riscuote, dell’affetto che verso lei si prova e della gratitudine per essere venuta al mondo e diventata quello che è.

Era sembrata la cosa più ovvia intervistarla. Sentire da lei cosa pensa di questo futuro incerto e complesso. Di quali suggestioni offrire alle donne di oggi per affrontare le sfide inedite che intravediamo senza tuttavia capirle del tutto. Tu, che prima di esprimerti sul Mediterraneo o sul “mondo islamico” di cui sono in molti a riempirsi la bocca, tanti, ma tanti anni fa, ti sei trasferita in Egitto. Volevi toccare con mano quel mondo di cui non conosciamo neanche la lingua. Parlare con la gente, sentire il loro punto di vista. Discutere e litigare con loro. E Dio solo sa quanto sai litigare! Ma senza offendere mai, senza ingiuriare, solo difendendo con passione il tuo punto di vista. E con quanta passione! Ma con rispetto, perché un confronto esplicito e non furbesco rimane la più vera e lecita pratica del mutuo riconoscimento tra le persone.

Questa paura dell’Islam che oggi viene evocata, e da alcuni anche promossa e incentivata pericolosamente, tu non l’hai avuta perché la tua laicità ti imponeva di capire, di sapere, di discutere prima di poterti fare un’opinione che sapevi personale e, come tale, imperfetta o almeno perfettibile, relativa. Nelle tue parole, nelle tue osservazioni, nelle proposte non si ritrova la radicalità astiosa di Oriana, ma la voglia tutta politica di comprendere le cose per provare a progettare una vita comune a tutti e a tutte, alla ricerca di una convivenza pacifica e possibile. Rigorosa, ma umana. Rimani sempre umana come sei Emma! E che splendido esempio di radicale rappresenti!

Mi avevano detto che avevi anticipato il nostro incontro. Di mezz’ora! Manuela era agitata per questo. Mi è sembrata tesa come una ragazzina il giorno prima dell’esame. Come non darle torto? Ma, lei che ti conosce da tanto avrebbe dovuto avere anche la consapevolezza che il tuo rispetto “tedesco” dei tempi non toglie nulla alla tua umanità. E’ solo una necessità dovuta ai mille impegni che accogli e non rifiuti mai. Al tuo non-negarsi che è segno di generosità, di bontà, di amore e passione. Lo dicono i tuoi occhi stanchi eppure dolci che oggi sono un po’ più tristi.

Ci siamo alloggiate sotto un albero in una splendida giornata di sole che ci ha ripagate dell’orribile scossa di terremoto del mattino. 7.1? 6.1? 6.5? Gli sciacalli della politica erano già in pista con le loro banali, orrende cattiverie. Noi no. Avevamo te. Fatti i convenevoli e le presentazioni utili alla registrazione mi sono appartata per non disturbare e per non disturbarti. Solo ogni tanto i nostri sguardi si incrociavano come per chiedere un riscontro. Non certo per insicurezza, ma per educazione. E io scuotevo leggermente la testa in segno di assenso. Commossa. Ti voglio bene, per quello che sei, per come sei. Hai parlato di mondo, di Mediterraneo, delle sfide delle donne e delle donne della CGIL a cui porterò questo bel dono. Sei piccola tanto piccola oggi Emma, ma in questa mattina di sole d’ottobre mi appari più grande che mai.

Roma, 30 ottobre 2016                                                                                         

 

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