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Un nuovissimo Testamento

di Maria C. Fogliaro

IMMAGINE DIO ESISTE

Quali potrebbero essere le conseguenze se qualcuno un giorno conferisse agli uomini la coscienza della propria morte? Che cosa farebbero, a quel punto, gli esseri umani della propria vita nel tempo che gli rimane? E soprattutto, il mondo potrebbe essere migliore? È proprio questo che è indotta a scoprire Ea (Pili Groyne), la protagonista di Dio esiste e vive a Bruxelles (Le tout nouveau testament, Belgio–Francia–Lussemburgo, 2015, 113’).

Ea ha dieci anni e vive con i suoi genitori in un modesto e grigio appartamento, senza porta di entrata né di uscita, in una sorta di mondo fuori dal mondo, che si suppone stare da qualche parte nel cielo (o nei bassifondi) di Bruxelles. Suo padre è Dio (Benoît Poelvoorde), un tiranno insopportabile agli occhi di Ea, che ha costretto suo fratello (che nel film viene chiamato JC) a scappare di casa e che, per i continui maltrattamenti, ha reso sua madre (Yolande Moreau), la Dea, una donna priva di volontà, totalmente incapace di ribellarsi, che ama soltanto ricamare fiori e ammirare la propria collezione di figurine di baseball.

Dio − racconta Ea − aveva creato il mondo perché si annoiava a morte, e poi, per rilassarsi e tenersi impegnato, aveva creato l’uomo, a sua immagine. Da allora Dio suo padre − quando non era davanti alla TV a guardare trasmissioni sportive − trascorreva tutto il tempo chiuso nel suo studio davanti al pc a divertirsi sadicamente con il destino degli esseri umani, concependo per loro «leggi della sfiga universale», e dando così vita a un mondo pieno di dolore, nel quale la poca gioia concessa era, in realtà, utile solo ad alimentare false speranze.

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Ribellandosi al padre e al male che ha gettato nel mondo, Ea decide di spezzare questa catena di crudele normalità. Determinata a cambiare la creazione del padre, attraverso un passaggio segreto creato da JC manomettendo la lavatrice di casa, la ragazzina fugge nella città di Bruxelles e lì − seguendo i suggerimenti di suo fratello, che ogni tanto si manifesta attraverso una statuina, conservata con cura nella camera da letto − si mette alla ricerca di sei apostoli, indispensabili per arrivare (insieme ai dodici già chiamati da JC) a diciotto, il numero di giocatori di una squadra di baseball, che è lo sport preferito della madre. I prescelti dovranno aiutarla nell’impresa di scrivere un nuovo Nuovo Testamento.

Ma, in collera con il padre, prima di abbandonare la propria casa riesce a spedire un sms col quale comunica a tutta l’umanità la data di morte di ciascun essere umano, e a manomettere il computer attraverso il quale Dio controlla il mondo. Da quel momento, come è facile intuire, un’ondata di emozioni contrastanti si abbatte sui terrestri, mentre contemporaneamente, in un Altrove fuori dal mondo, un Dio Padre, furente di rabbia per le azioni sconsiderate della figlia − che rischiano di danneggiare per sempre la realtà da lui creata e governata solo grazie alla paura −, si precipita a Bruxelles in cerca di Ea.

Scritto insieme a Thomas Gunzig, l’ultimo film di Jaco Van Dormael è una commedia visionaria e surreale, che gioca e scherza con situazioni paradossali (come l’avventura amorosa che coinvolge Martine, uno degli apostoli scelti da Ea, il personaggio interpretato da Catherine Deneuve o come lo stesso Dio, bevitore, fumatore, arrogante e, tuttavia, incapace di compiere miracoli senza il suo computer). Nessun timore che qualcuno possa offendersi per la disinvoltura con cui la storia passata (quella “vera”) è stata rimaneggiata dal regista. Strutturato in episodi che richiamano le Sacre Scritture, l’opera inizia con la Genesi e si conclude, dopo la nuova rivelazione (quella delle date di morte di tutti gli esseri umani), con le vite degli apostoli chiamati da Ea. Il film è girato con riprese frontali e simmetriche, che conferiscono alle scene un sapore incredibilmente realistico.

Realismo e fantastico, sacro e profano si mescolano per tutta la storia e danno vita a un racconto cinematografico che, nel trasportare (anche grazie alla colonna sonora curata da An Pierlé) lo spettatore in un altro mondo, in realtà lo porta a riflettere sul senso profondo dell’esistenza su questa Terra. Sapere che la propria fine è vicina, che essa è una concreta possibilità, se da un lato può lasciare disarmati e angosciati per l’impossibilità di sottrarsi al proprio destino, dall’altro è questa stessa consapevolezza che può liberare l’uomo e spingerlo a vivere intensamente ogni attimo. Non più agito da potenze che lo sovrastano, l’uomo si riappropria della sua sacra Volontà.

Dio esiste e vive a Bruxelles è soprattutto un antidoto contro l’odio, la violenza, l’intolleranza − veleno di questo tempo −, ed è un omaggio alla leggerezza, alla bellezza, ai colori della vita, che, ormai, solo il divino femminile sembra avere il potere e la volontà di affermare. Nella parte finale del film, infatti, sarà proprio la Dea a ridare all’umanità una nuova speranza.

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