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Pubblico subito per diventare privato domani

La discussione sul piano industriale del Monte dei Paschi di Siena assomiglia sempre di più a due eventi storici: il primo vissuto dolorosamente dai dipendenti dell’istituto nel passato prossimo; il secondo sempre più simile a un passato remoto che pensavamo aver archiviato nel già visto e mai più da vedere.

L’evento più recente è la tragica negazione della realtà che ha accompagnato la banca negli anni tra il post Antonveneta e il 2011, una banca che faceva un aumento da 5 miliardi per pagare una banca che ne valeva forse 4 ma la pagava 9.
Dopo di che cominciava la meravigliosa narrazione per la quale i problemi non esistevano, la liquidità era a un ottimo livello e allora sì che si sarebbe ripartiti. Una limatina qui, una limatina la e pronti ad andare alla grande.
Poco contava che nel frattempo non si facesse banca, si drammatizzava il processo di deleveraging che tutte le banche attuavano, si inventavano derivati fantasiosi, si vendevano immobili a una pseudoimmobiliare scaricando il debito sui clienti della banca, si attingeva al “rubinetto” d’emergenza della banca centrale a piene mani.
Ma no, la banca andava bene, non c’erano problemi. Anche i giornali guardavano sonnacchiosi, accontentandosi forse di munifici investimenti pubblicitari. La politica poi non se ne parla. Silente, accondiscendente, paurosa.
Ad un certo punto la realtà testarda dei numeri si ripresentava e diceva: “manca redditività, manca liquidità, la banca necessita una cura per poter ripartire”.
E qui ritroviamo il secondo parallelo storico. La coppia Viola e Profumo riscopre le magnifiche virtù degli aerei di Mussolini: fai girare sempre quelli in circolo e farai credere di avere un meraviglioso esercito.
Si poteva provare una strategia che puntasse a recuperare redditività cercando di incrementare la parte dei ricavi, ad esempio puntando a professionalizzare la banca sia nel versante corporate che retail aumentando in maniera sensibile il peso dei servizi a valore aggiunto. Difficile? Ma un manager lo paghiamo un milione di euro per prendere scelte facili?
E invece? Come dei ragionierini di provincia si sono messi di buona lena solo sulla variante dei costi tagliando qua, spizzicando la e… riorganizzando 2 aeree, 4 aree, 1000 aree, progetto regata, progetto sviluppo e chi più ne ha più ne metta.Da fare con… lo stesso personale! La stessa struttura!
Le stesse idee!!
Queste due strategie, negazione della realtà e mancati nuovi investimenti, porteranno senza ombra di dubbio la nave a schiantarsi contro gli scogli. E’ ora di finirla!
La banca con investimenti, accettazione della realtà e una strategia fatta da manager degni di questo nome può tornare a produrre redditività e, cosa non secondaria, ad accompagnare il paese nel suo percorso di crescita.
Chiediamo allo stato di investire nel Monte dei Paschi immediatamente esplicitando, come successo in America per l’industria dell’auto, i tempi di investimento e i rendimenti attesi.
Questo investimento produrrebbe indubbiamente un miglioramento del rating e quindi un’immediata diminuzione dello spread nei confronti dei competitor italiani (più di 200 basis points su pari duration inferiori ai 2 anni!) e internazionali oltre alla possibilità di non agire sull’onda dell’emergenza.
Questo investimento potrebbe essere redditizio nel medio periodo sia in termini reddituali che di impatto sociale; potrebbe consentire un balzo verso la modernità del sistema bancario italiano.
Per tutte queste motivazioni chiediamo che lo stato entri immediatamente nel capitale della banca, evitando inutili perdite di tempo che non servono alla banca e all’economia italiana ma che anzi rischiano di aggravare la situazione portandola addirittura verso l’irrecuperabilità.

CHIEDIAMO UN IMMEDIATO AUMENTO DI CAPITALE SOTTOSCRITTO DALLO STATO, L’ALLONTANAMENTO DEGLI ULTIMI RESPONSABILI DELLA SITUAZIONE ANCORA PRESENTI IN AZIENDA E UN CAMBIAMENTO RADICALE DELLA POSIZIONE RAGIONIERISTICA DEL MANAGMENT ATTUALE CHE PORTI A UN DIALOGO CON I LAVORATORI CHE SONO GLI UNICI PRODUTTORI DI REDDITIVITA’ DELL’ISTITUTO.

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