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Il sig. C. M. assumeva di essere stato dipendente dell’E. con inquadramento nell’VIII livello funzionale e che con nota n. 4903 del 29.9.1989 gli venivano attribuite le funzioni di dirigente del Centro di Sviluppo di Battipaglia, incarico svolto senza soluzione di continuità fino al suo collocamento a riposo.
Con istanza-diffida del 15.1.1992 il sig. C. M. chiedeva quindi all’E. di Napoli il riconoscimento della qualifica propria del IX livello, da lui ritenuta conforme alle mansioni svolte, con il conseguente riconoscimento delle differenze retributive a decorrere dall’1 ottobre 1989 e fino alla cessazione dal servizio, avvenuta il 31 dicembre 1993.
L’E., con nota prot. 519 del 24.2.1992, respingeva la richiesta avanzata dal sig. M. e rilevava che la pianta organica dell’Ente per la carriera direttiva prevedeva: n. 16 posti di responsabile di servizio, n. 25 posti di responsabile di Ufficio, n. 84 posti di responsabile di Sezione. A fronte di tale previsione, con dispositivo presidenziale n. 45/1989, l’Ente veniva strutturato in: n. 16 Servizi dislocati presso la sede centrale, n. 25 Uffici di cui 20 presso la sede centrale e 5 in sedi provinciali.
Il T.A.R. per la Campania – Sezione di Salerno adito, con sentenza n. 7979 del 12 novembre 2009, depositata il 17 dicembre 2009, ha rigettato il ricorso prodotto dal signor M., nel presupposto che “le mansioni svolte in via di fatto non possono dar luogo ad attribuzioni di qualifica superiore in mancanza di un provvedimento formale proveniente dall’organo legittimato a mutare lo status giuridico del dipendente, non essendo sufficienti a tal fine note o ordini di servizio e neppure atti meramente ricognitivi, in quanto privi di valore provvedimentale”.
Avverso tale sentenza ha proposto appello il sig. C. M. che lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 e ss. L. 93/1983, dell’art. 19 L.R. n. 8/1978 e degli artt. 36, 97 e 117 della Costituzione; nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 29, comma d), L.R. n. 27/1984; eccesso di potere per disparità di trattamento, per erroneità dei presupposti, per violazione dei principi di logicità e coerenza e per difetto di motivazione.
Si è costituita la Regione Campania, succeduta all’E., che ha chiesto il rigetto dell’appello proposto dal sig. M. e la conferma della sentenza impugnata.
L’appello è infondato e va rigettato.
L’appellante assume che, tenuto conto del provvedimento presidenziale n. 45/1989, di organizzazione della struttura E., a seguito della sua nomina a Capo Ufficio – Responsabile dell’Ufficio Provinciale del Centro di Battipaglia, posto riservato ai dirigenti con qualifica di IX livello, a lui sarebbero state riconosciute di fatto sia la qualifica che le mansioni proprie di tale livello.
Il sig. M. assume altresì che “non può negarsi valore provvedimentale” alla nota, prot. n. 4903 del 29.9.1989 a firma del Presidente pro-tempore dell’E., di incarico di Responsabile dell’Ufficio Provinciale del Centro di Battipaglia.
Tali censure non sono condivisibili.
Il T.A.R. ha fondato la propria decisione in conformità all’orientamento dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 22 del 18 novembre 1999, che ha ritenuto l’assoluta irrilevanza, giuridica ed economica, dello svolgimento di fatto di mansioni superiori nel pubblico impiego.
Deve premettersi che il conferimento di mansioni superiori ha avuto costantemente natura di provvedimento di carattere eccezionale, da adottare tenendo conto dei fabbisogni dell’ente e per esigenze del tutto temporanee e definite nella durata, per coprire vacanze contingenti nelle more dell’espletamento delle procedure selettive, rivolte alla copertura legittima del posto, nel rispetto del dettato Costituzionale che prevede che l’accesso nella pubblica amministrazione avvenga tramite concorso.
Tali precetti che disciplinano l’azione amministrativa e l’adozione dei relativi provvedimenti, hanno carattere imperativo e inderogabile e trovano fondamento nei principi costituzionali di buon andamento e di efficienza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione (Cons. Stato, Ad. Plen., 18.11.1999, n. 22).
Come correttamente rilevato dall’Avvocatura regionale, l’inquadramento del personale regionale, secondo quanto disposto dalla L.R. n. 12/1981, deve avvenire senza margini di discrezionalità per l’Amministrazione e gli elementi considerati rilevanti sono le posizioni acquisite formalmente, a nulla rilevando le mansioni svolte in via di mero fatto o sulla
base di specifici incarichi o ordini di servizio non provenienti da organi legittimati a mutare lo stato giuridico del dipendente.
In tema di affidamento di mansioni superiori, l’art. 72 del D.Lgs. n. 268/1987, già vigente, prescriveva che “in caso di vacanza del posto di responsabile delle massime strutture organizzative dell’ente, qualora non sia possibile attribuire le funzioni ad altro dipendente di pari qualifica funzionale, le funzioni stesse possono essere transitoriamente assegnate con provvedimento ufficiale a dipendente di qualifica immediatamente inferiore che deve essere prescelto, di norma, nell’ambito del personale appartenente alla stessa struttura organizzativa.
In caso di vacanza del posto di cui al comma 1, le funzioni possono essere affidate a condizione che siano avviate le procedure per la relativa copertura del posto e fino all’espletamento della stessa e comunque per un periodo non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno…”.
Assumono pertanto rilevanza, oltre alla ufficialità del provvedimento di incarico da parte di organo legittimato, anche la transitorietà dell’incarico stesso, la sua durata limitata nel tempo e l’avvio contestuale della procedura per la copertura del posto vacante.
In ordine all’impedimento a corrispondere differenze retributive in fattispecie quali quella di interesse, si è ripetutamente espresso questo Consiglio di Stato, trattando di affidamento di mansioni superiori extra ordinem (Sez. V, n. 1382/2010), nella considerazione che nel pubblico impiego le mansioni superiori sono irrilevanti sia ai fini economici, sia di progressione di carriera, quando non sia la legge a disporre altrimenti. Ciò in quanto il rapporto di pubblico impiego, non è assimilabile al rapporto di diritto privato.
Giova soggiungere che in materia di pubblico impiego, anteriormente all’anno 1998, l’esercizio di fatto di mansioni superiori, anche quando effettivamente disimpegnate, non può supportare la pretesa del dipendente ad un trattamento economico diverso da quello corrispondente alla qualifica formalmente rivestita, salvo che tali effetti non derivino da apposita normativa.
L’apertura recata successivamente verso il riconoscimento economico delle mansioni superiori svolte di fatto nel pubblico impiego è stata analizzata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 10 del 2000) che, risolvendo i contrasti al riguardo insorti, ha valorizzato l’intervento innovativo compiuto dal legislatore, concretizzatosi nell’adozione dell’art. 15 del D.Lgs n. 387/1998 ed ha definito la decorrenza di detto riconoscimento limitandone gli effetti a far data dall’entrata in vigore del decreto stesso (cioè dal 22 novembre 1998), rimettendola così alla successiva fonte normativa contrattuale (Con. Stato, Sez. IV, 26.3.2010, n. 1775).
E nel caso in esame, il periodo da considerare è anteriore all’entrata in vigore del richiamato art. 15 del D.Lgs. n. 387/1998.
Parimenti, la pretesa al riconoscimento di benefici economici non può trovare diretto fondamento nell’art. 36 Cost., che sancisce il principio di corrispondenza della retribuzione alla qualità e alla quantità del lavoro prestato.
Non può infatti la norma trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale e segnatamente quello previsto dall’art. 98, che vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio e quelli di cui all’art. 97, contrastando l’esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita con i principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità dei funzionari (Cons. Stato, A.P. 18.11.1999, n. 22).
Conclusivamente l’appello è infondato e va rigettato
Atteso che la materia del contendere attiene a problematiche con risvolti interpretativi complessi, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.