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Collaborazione coordinata e continuativa a progetto

MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Circolare 20 febbraio 2013, n. 7

L. n. 92/2012 – collaborazione coordinata e continuativa a progetto – lavoro nelle ONG/ONLUS e nelle organizzazioni socio assistenziali e attività dei c.d. “promoters” – indicazioni operative per il personale ispettivo.

 

Sono pervenute a questa Direzione generale richieste di chiarimenti in ordine alla possibilità di far ricorso alla tipologia contrattuale delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto di cui agli artt. 61 e ss., D.Lgs. n. 276/2003, come modificati dall’art. 1, commi 23-25, L. n. 92/2012, con riferimento a due specifici ambiti settoriali:

– il lavoro svolto all’interno di organizzazioni non governative (ONG/ONLUS) e di organizzazioni aventi finalità socio/assistenziali e sanitarie;

– le attività svolte nel settore commerciale dai c.d. “promoters”.

In via preliminare occorre ricordare che, a seguito delle novità apportate dalla c.d. riforma lavoro, si è assistito alla traduzione in legge del consolidato orientamento giurisprudenziale volto a delimitare l’ambito di utilizzo del contratto a progetto, esclusivamente per lo svolgimento di attività connotate dal raggiungimento di uno specifico risultato obiettivamente riscontrabile e non coincidente con l’oggetto sociale dell’impresa committente.

Come già chiarito da questo Ministero con circolare n. 29/2012, il progetto gestito autonomamente dal collaboratore non può sinteticamente identificarsi con l’oggetto sociale, ma deve essere caratterizzato da una sua specificità, compiutezza, autonomia ontologica e predeterminatezza del risultato atteso e rappresentare una vera e propria “linea guida” contenente le modalità di esplicitazione dell’obbligazione del collaboratore.

Premesso quanto sopra, si ritiene opportuno formulare le seguenti precisazioni al fine di fornire al personale ispettivo alcune indicazioni operative sulle base delle quali uniformare l’attività di vigilanza in ordine all’utilizzo delle collaborazioni a progetto negli indicati settori.

 

Il lavoro a progetto nelle ONG/ONLUS e nelle organizzazioni socio assistenziali

In merito alle ONG/ONLUS e ad altre e diverse tipologie di organizzazioni socio assistenziali, si ricorda che le stesse operano prioritariamente per il raggiungimento di scopi sociali e umanitari (ad esempio miglioramento dell’ambiente, rispetto dei diritti umani, incremento del benessere per le fasce di popolazione meno abbienti ecc.).

La finalità sociale di ciascuna organizzazione non governativa caratterizza evidentemente il suo oggetto e dunque l’attività svolta dagli appartenenti alla stessa, che operano attraverso forme di collaborazione gratuite ovvero mediante tipologie contrattuali di natura subordinata o autonoma.

Nell’ambito di tale attività è possibile individuare specifici progetti che, pur contribuendo al raggiungimento dello scopo sociale, se ne distinguono per una puntuale declinazione di elementi specializzanti che consentono anche l’attivazione di forme di collaborazione coordinata e continuativa riconducibili alla disciplina di cui agli artt. 61 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003.

In sostanza, ove l’attività del collaboratore sia connotata da elementi di specificità puntualmente declinati nel progetto e finalizzati al raggiungimento di un autonomo risultato conseguito attraverso una attività che presenti margini di autodeterminazione del prestatore, appare possibile l’utilizzo della tipologia contrattuale in esame.

Più in particolare, la sussistenza di una genuina co.co.pro. è condizionata, nei settori in esame, alla presenza dei seguenti elementi:

– assoluta determinatezza dell’oggetto dell’attività inteso anche come parte integrante del più generale obiettivo perseguito dall’organizzazione;

– circoscritta individuazione dell’arco temporale per l’espletamento dell’attività progettuale in funzione dello specifico risultato finale;

– apprezzabili margini di autonomia anche di tipo operativo da parte del collaboratore, obiettivamente riconoscibili nelle modalità di svolgimento della prestazione stessa ossia per lo svolgimento di compiti non meramente esecutivi;

– possibilità di obiettiva verifica circa il raggiungimento dei risultati attesi.

A titolo esemplificativo, l’attività del collaboratore svolta in ambito socio assistenziale non può rispondere a puntuali direttive o specifiche indicazioni operative da parte del committente che vanifichino ogni margine di autonomia tecnica e metodologica nella scelta delle prestazioni in funzione delle esigenze degli utenti beneficiari e delle finalità dell’intervento.

In ordine alle modalità concrete di svolgimento della prestazione è possibile rinvenire, infatti, margini di autonomia laddove i collaboratori concordino di volta in volta con il destinatario finale della prestazione gli aspetti operativi afferenti alla tipologia di intervento, gli orari di assistenza nonché le concrete modalità di erogazione del servizio.

In definitiva, la natura autonoma del contratto oggetto di accertamento può essere riconosciuta a condizione che il collaboratore determini unilateralmente e discrezionalmente, senza necessità di preventiva autorizzazione e successiva giustificazione, la quantità di prestazione socio/assistenziale da eseguire e la collocazione temporale della stessa (cfr. interpello n. 5/2010).

 

Attività di promoter

Il lavoro dei promoter si svolge normalmente presso fiere, centri commerciali, convegni (ecc.) e consiste sia nell’organizzazione di un evento e/o sponsorizzazione di un determinato prodotto, mediante la consegna del materiale promozionale o attraverso la pubblicizzazione di specifiche qualità ed offerte in ordine al prodotto stesso.

La figura del promoter, pertanto, va ad identificarsi non solo con colui o colei che si limita a promuovere un prodotto, ma anche con chi lo vende nell’ambito di strutture commerciali. In proposito si evidenzia che tali attività tendenzialmente involgono l’espletamento di compiti per lo più di carattere operativo in attuazione di indicazioni organizzative e logistiche impartite dall’azienda committente, senza la possibilità di rinvenire significativi margini di autodeterminazione da parte del lavoratore, la cui attività, peraltro, non presenta profili di particolare complessità.

Ciò premesso, si ritiene che la figure descritte finiscano con lo svolgere attività con caratteristiche pressoché analoghe a quelle dei commessi e/o addetti alle vendite che, come già chiarito con circ. n. 29/2012, difficilmente risultano inquadrabili nell’ambito di un genuino rapporto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, pur risultando astrattamente riconducibili ad altri rapporti di natura autonoma.

Sul punto è possibile richiamare la L. n. 173/2005, recante la “disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali”, in cui si prevede che l’attività in questione, con o senza vincolo di subordinazione, è soggetta all’obbligo del possesso del tesserino di riconoscimento di cui al D.Lgs. n. 114/1998, e che la natura della prestazione svolta senza vincolo di subordinazione deve ritenersi di carattere occasionale sino al conseguimento di un reddito annuo, derivante da tale attività, non superiore ad euro 5.000.

In linea con le argomentazioni sopra sostenute, ove non trovi applicazione la disciplina di cui alla Legge menzionata, il personale ispettivo dovrà esaminare la fattispecie concreta posta in essere ed eventualmente ricondurre nell’alveo della subordinazione le eventuali collaborazioni a progetto, previa puntuale verifica dell’assenza dei requisiti richiesti dall’art. 61, D.Lgs. n. 276/2003, o della sussistenza di quelli di cui all’art. 2094 c.c.

Nell’ambito delle attività in esame, peraltro, occorre segnalare che rientra spesso anche l’allestimento di postazioni per la vendita dei prodotti, realizzato da personale “fornito” dall’azienda produttrice mediante diverse tipologie contrattuali. In tal caso vanno verificate, in primo luogo, la tipologia del rapporto a base della prestazione di servizi (sia esso un appalto o una prestazione accessoria alla vendita), e, in secondo luogo, la corrispondenza del tipo contrattuale alle modalità di effettiva prestazione lavorativa posta in essere.

Ad ogni modo, si rappresenta che tale indicazione opera esclusivamente sotto il profilo della metodologia accertativa, al fine di orientare e uniformare l’attività ispettiva, non volendo dunque costituire alcun indice presuntivo di carattere generale in ordine ai criteri di distinzione tra attività di natura autonoma e subordinata.