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Ove in azienda vi siano pi? garanti della sicurezza, ognuno di loro ? obbligato a tutelare la salute lavorativa del dipendente e pertanto risponde, in caso di infortunio occorso al lavoratore, per l’ omessa applicazione di cautela a lui addebitabile. Questo il contenuto interpretativo principale della sentenza di Cassazione penale 16888/2012. Il caso riguarda il dipendente di un’ azienda meccanica che, mentre lavora, muore schiacciato da un grosso cilindro di acciaio. Sia il legale rappresentante della societ?, come datore di lavoro, sia il caporeparto, in qualit? di preposto, vengono incriminati per omicidio colposo a seguito di violazione della normativa antinfortunistica. Al primo si addebita la mancata predisposizione di un piano di sicurezza riguardante la lavorazione specifica, al secondo un omesso controllo sull’ attivit? lavorativa in questione. Il primo grado di giudizio si conclude con l’ assoluzione dei due, perch? i giudici ritengono che la morte sia stata conseguenza esclusiva della condotta della vittima. La Corte di appello, successivamente, ribalta quella sentenza, condannando entrambi gli imputati per il reato gi? menzionato e riconoscendo, alle parti civili, il risarcimento dei danni. I giudici rilevano che la sequenza lavorativa si ? caratterizzata per il mancato rispetto delle norme antinfortunistiche: da una parte, l’ operaio ha svolto il pericoloso assemblaggio da solo (essendo assente l’ altro addetto), ripetendo una modalit? gi? adoperata e tollerata in ditta; dall’ altra, il documento aziendale di valutazione dei rischi non ha previsto alcunch? circa la specifica attivit? lavorativa. Per quanto concerne, in specie, il preposto, si evidenzia la sua assenza al momento dell’ incidente, poich? egli si trovava in un’ altra zona dello stabilimento. L’ appello condanna, quindi, i due per omicidio colposo. Segue il ricorso in Cassazione da parte di entrambi. La Corte riconosce, in primo luogo, che i giudici di appello hanno adeguatamente valutato, nella sentenza, la dinamica dei fatti, evidenziando omissioni degli imputati e considerando la condotta della vittima non abnorme e anomala, ma solo imprudente. Affermata la correttezza, da questo lato, della decisione, i giudici approfondiscono un’ interpretazione di grande interesse giuridico: pi? garanti possono essere chiamati, contemporaneamente, a tutelare la salute dei lavoratori e, in tal caso, ciascuno di essi ? destinatario degli obblighi di tutela imposti dalla legge. Pi? in specifico, per quanto riguarda la posizione del datore, i giudici chiariscono che egli, dovendo avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante dell’ integrit? del lavoratore, non deve limitarsi a informare i dipendenti sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare, sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nell’ ordinaria prassi di lavoro (conformemente, Cassazione, 6486/1995). Per ci? che concerne il preposto, quest’ ultimo, avendo una posizione di preminenza sugli altri lavoratori tale da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve attuare le misure di sicurezza prescritte e disporre ed esigere che esse siano rispettate, indipendentemente dal fatto che altri soggetti siano, allo stesso tempo, gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo. Dati tali ruoli di garanzia, un’ accertata omissione di una cautela antinfortunistica inerente ai doveri di ciascuna di tali figure determina, a suo carico, autonoma responsabilit? penale. La conclusione del ragionamento svolto dalla Cassazione ? lineare: si rigetta il ricorso dei condannati e si conferma la correttezza della sentenza di condanna degli imputati per il reato di omicidio colposo