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A scuola di saggezza da un antico testo cinese: il Neiye.

di MAURIZIO SCARPARI

(in collaborazione con www.inchiestaonline.it)
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In collaborazione con www.inchiestaonline.it, pubblichiamo la recensione di Maurizio Scarpari, professore di Lingua cinese classica all’Università di Venezia, al Neiye, il Tao dell’armonia interiore, a cura di Amina Crisma (Garzanti 2015).

Il libro sarà presentato a Bologna martedì 14 giugno alle 17.30, nella Sala delle Adunanze della Società Medica Chirurgica, al piano terra del Palazzo dell’Archiginnasio, in Piazza Galvani 1, nell’ ultimo incontro della stagione 1915/16 de La Società di Lettura, da Nicola GasbarroMaurizio Scarpari insieme all’autrice. Coordina Luisa Marchini.

 

Nella speculazione filosofica cinese antica le pratiche meditative hanno sempre svolto un ruolo di primaria importanza nel plasmare il carattere, la personalità e lo spessore morale dell’individuo che aspira a elevarsi dalla condizione di mediocrità in cui si trova, suo malgrado, immerso. Le strade percorribili erano diverse, accorpabili in linea generale in due principali filoni che sembrano muoversi in direzioni opposte, ma non del tutto inconciliabili. Se da una parte vi era chi riteneva essenziale fan er qiu zhi “cercare dentro se stessi” le risorse per affinare le proprie disposizioni naturali e analizzare le proprie esperienze, coltivando e sviluppando, attraverso lo studio e l’educazione, una coscienza di sé e del mondo esterno, dall’altra vi era chi aspirava a raggiungere un livello di purificazione individuale assoluta, che poteva essere raggiunta solo attraverso l’abbandono di ogni condizionamento personale e sociale e la dissoluzione del proprio ego nei processi cosmici naturali che regolano il mondo.

Entrambe queste forme di autocoltivazione miranti al raggiungimento di uno stato di perfezione individuale richiedono doti particolari, disciplina, costanza e massima concentrazione: solo alla fine di un faticoso lavoro di introspezione l’uomo può accedere a un livello di purificazione rituale e spirituale tale da trasformarsi in un essere superiore, dotato di facoltà eccezionali paragonabili a quelle delle divinità. Colui che riesce a concludere con successo questo percorso e a mantenere inalterata questa condizione di grazia sublime è, per definizione, “saggio”. Centrale nel processo di affinamento e trasformazione della persona è xin: il “cuore”, ma anche la “mente” in quanto sede delle facoltà intellettive, della volontà, delle emozioni e dei sentimenti. Ciò è possibile perché “dentro il cuore un altro cuore è presente. / Questo cuore dentro il cuore / è pensiero che precede le parole.” Così recita il Neiye (Addestramento interiore), opera del IV secolo a.C. Mantenere il cuore integro e ben regolato garantisce equilibrio e quiete interiore e, di conseguenza, stabilità; un cuore stabile è la dimora ideale dell’energia vitale allo stato più puro: “Quando l’energia vitale scorre, c’è la vita / e con la vita sorge il pensiero / e con il pensiero sorge il sapere.” A quale energia allude il testo?

Si tratta del qi, il “soffio vitale” che tutto permea, “l’energia primordiale da cui ha avuto origine l’esistenza, che a sua volta ha generato l’inizio; dall’inizio ha quindi preso avvio il procedere di tutte le cose” recita un manoscritto su bambù di recente scoperta coevo al Neiye, lo Hengxian (L’eterno Primigenio). Attraverso complessi processi di differenziazione, le cui dinamiche sfuggono all’umana comprensione, questo soffio primordiale ha creato l’universo e le diecimila creature: nella sua forma più rarefatta è divenuto Cielo, nella sua forma più densa Terra, e dal loro insieme armonioso ha avuto origine l’uomo che, collocandosi tra Cielo e Terra, forma con essi una triade perfetta: “Il Cielo produce la sua pura essenza vitale, / la Terra produce la sua forma corporea. / Dalla loro unione nasce l’uomo, / dalla loro armonia nasce la vita; / senza la loro armonia non c’è vita alcuna.” Al suo stadio più puro il qi diviene dunque jing, “quintessenza”, una sorta di “essenza seminale” radiosa come i corpi celesti e fluttuante nell’atmosfera come shen “spirituale e divino”.

Grazie a particolari pratiche dietetiche e igieniche e a sofisticate tecniche di introspezione e meditazione l’uomo è in grado di porsi in sintonia con i flussi cosmici e raggiungere livelli di maturazione spirituale superiori, acquisendo facoltà inaccessibili alla maggior parte dei comuni mortali che lo rendono “numinoso e perspicace” (shenming), pronto a percepire la natura dei diecimila esseri e processi con chiarezza e acume eccezionali: un uomo straordinario che viene definito, a seconda delle tradizioni, “saggio”, “sublime”, “autentico”.

Il Neiye è uno dei testi fondativi del pensiero daoista, appartenente al genere della poesia sapienziale, di cui fa parte anche il Daodejing (Classico della Via e della Virtù), il classico per eccellenza del daoismo, attribuito a Laozi: gli argomenti filosofici non vengono sviluppati in prosa, ma in versi per lo più a base tetrasillabica, sia rimati che sciolti, secondo schemi metrici non sempre definiti, per facilitarne la recitazione e la memorizzazione, consentendone così un’agevole trasmissione orale e un’ampia diffusione. Questa particolare struttura compositiva e l’impiego di un lessico filosofico estremamente denso di significati, che si presta talvolta a diversi registri interpretativi, rendono queste opere di difficile accesso anche per chi padroneggia con maestria la lingua cinese classica; ciò rende ancora più preziosa la traduzione di Amina Crisma, la prima in lingua italiana, realizzata con perizia e illustrata da una ricca introduzione per la prestigiosa collana “I grandi libri dello spirito” di Garzanti diretta da Vito Mancuso (Neiye. Il Tao dell’armonia interiore, Milano 2015).

MAURIZIO SCARPARI

Questo testo è stato pubblicato su Il manifesto (supplemento Alias) del 15 maggio 2016. Altre recensioni a questo libro sono state pubblicate nella categoria “Osservatorio Cina” il 5 giugno 2016 (Giangiorgio Pasqualotto)

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